XXVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (anno B)
Nm 11,25-29; Sal 18; Gc 5,1-6; Mc 9,38-43.45.47-48
110ª Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato
29 settembre 2024 – Rocella Jonica
Sorelle e fratelli carissimi,
un verbo durissimo è al centro delle letture bibliche di oggi. Che cosa vorrà dirci il Signore?
Nella prima lettura il verbo risuona così: «Impediscili!». Possiamo sentire il livore, quasi l’accecamento, con cui questa parola è pronunciata. «Mosè, mio signore, impediscili!». A Giosuè è del tutto insopportabile il dono di cui altri sono portatori.
Lo stesso nel vangelo: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva». Di nuovo la preoccupazione di impedire.
Questo verbo appartiene alla nostra quotidianità. Interroghiamoci: quante cose vorremmo impedire? Attenzione: negli altri, quasi sempre. Si trattasse del male, avremmo ragione di unire l’intelligenza e le forze, ma più spesso – ci suggerisce oggi la voce di Dio – è agli altri che ci opponiamo, semplicemente perché sono altri. Noi vediamo il male in loro. Tutto quello che fatichiamo forse a riconoscere in noi.
Così, mentre il male che è in noi sarebbe affrontabile, noi lo proiettiamo sull’altro, rendiamo a priori un criminale, un diverso, un immigrato, chi non è della famiglia, del gruppo, dei nostri.
Impedire. Si può essere chiesa impedendo ad altri di farne parte. Si può fare politica con questa ossessione. Solleticando il peggio che c’è negli esseri umani per raccogliere consenso. Impedire: questo mare meraviglioso, il Mediterraneo, culla di civiltà, nel discorso politico è diventato quasi soltanto un mare di interdizioni. Impedire, respingere, fermare, difendere. È il contrario della legge del mare: custodire, salvare, fraternizzare.
È un falso modo di proteggere la comunità, il gruppo quello suggerito dai discepoli. È sciagurato l’atteggiamento di Giosuè, subito respinto dall’anziano Mosè: «Fossero tutti profeti nel popolo del Signore e volesse il Signore porre su di loro il suo spirito!».
Papa Francesco nel Messaggio per questa 110ª Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato sottolinea la profezia che è scritta nel corpo, nelle biografie, nel viaggio di chi è costretto a migrare fra i pericoli da legislazioni nazionali e internazionali perverse, nemiche della vita e colluse con interessi criminali:
«Come il popolo d’Israele al tempo di Mosè, i migranti spesso fuggono da situazioni di oppressione e sopruso, di insicurezza e discriminazione, di mancanza di prospettive di sviluppo. Come gli ebrei nel deserto, i migranti trovano molti ostacoli nel loro cammino: sono provati dalla sete e dalla fame; sono sfiniti dalle fatiche e dalle malattie; sono tentati dalla disperazione. Ma la realtà fondamentale dell’esodo, di ogni esodo, è che Dio precede e accompagna il cammino del suo popolo e di tutti i suoi figli di ogni tempo e luogo. La presenza di Dio in mezzo al popolo è una certezza».
La realtà fondamentale, calpestata dalla nostra ossessione di impedire, è che Dio è con i poveri, bussa alla nostra porta nei loro viaggi, ci chiede di partecipare alla sua passione per la vita, che si traduce in passione per la giustizia e quindi, anche, quando è necessario, in denuncia dell’ingiustizia. Queste coste meravigliose sono diventate miraggi impossibili per la durezza del nostro cuore. Questo mare di umanesimo è divenuto un cimitero di figli di Dio usati e abusati da potenti Faraoni. Sì, fratelli e sorelle, Faraoni ne esistono ancora, più ricchi, più potenti e – permettetemi – più ignoranti e spietati di quelli dell’antico Egitto.
La realtà fondamentale, però, l’annuncio che non passa e che nutre la nostra coscienza e mobilita la nostra speranza è: «Dio cammina con il suo popolo». Dio attraversa questo mare. Cristo ci viene incontro nei poveri e ci educa a salti di qualità di portata storica, attraverso la compassione che suscitano le loro vite. «Chiunque, infatti, vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa». Di Cristo sono i poveri, non solo missionari, preti e suore. «Lo avete fatto a me»: questa sarà la parola meravigliosa che ci aprirà il Regno dei cieli.
Il Vangelo di oggi parla anche di scandalo!
Quante volte anch’io provo scandalo quando celebrando l’Eucarestia, il sacramento della fraternità inclusiva, mi rendo conto che alcuni dell’assemblea non sono disponibili ad accogliere le sorelle e i fratelli, le donne e gli uomini, le bambine e i bambini, immigrati. Anzi addirittura sono ostili! Non è una contraddizione in termini, un becero paradosso, celebrare l’eucarestia ed essere indifferenti nei confronti degli immigrati? Non è un tradimento?
Non possiamo strappare dalla Bibbia le pagine che non ci piacciono. Abbiamo ascoltato oggi San Giacomo ai ricchi che si professavano cristiani: «Le vostre ricchezze sono marce, i vostri vestiti sono mangiati dalle tarme. Il vostro oro e il vostro argento sono consumati dalla ruggine, la loro ruggine si alzerà ad accusarvi e divorerà le vostre carni come un fuoco. Avete accumulato tesori per gli ultimi giorni!». Carissimi, certo: la nostra è una regione segnata da grandi povertà, ma anche da grandi possibilità. Terra di generosità e di bellezza. Ma non nascondiamoci dietro un dito, lo sappiamo tutti: c’è chi si è arricchito su questa terra e nei modi più criminali. C’è chi si arricchisce persino sulle tragedie del mare. «Guai a voi» dice Gesù, prima di pronunciare le Beatitudini per i poveri. Guai. Guai se vi dite cristiani e dissacrate la religione e la terra.
Come si lavora oggi, non in Africa, ma nei campi, nei cantieri, là dove in questa nostra Italia si piega la schiena e ci si sporcano le mani? Come si lavora? Mentre ognuno risponde a sé stesso, ascoltiamo ancora San Giacomo: «Ecco, il salario dei lavoratori che hanno mietuto sulle vostre terre, e che voi non avete pagato, grida, e le proteste dei mietitori sono giunte alle orecchie del Signore onnipotente. Sulla terra avete vissuto in mezzo a piaceri e delizie, e vi siete ingrassati per il giorno della strage».
Il Vangelo è annuncio di salvezza, sorelle e fratelli miei! Non di strage, ma di salvezza. Per questo l’appello alla conversione è attuale e riguarda ciascuno. Migranti e rifugiati non sono santi, ma scarti di un mondo che Dio ha voluto diverso. La loro prossimità, le loro storie, sono una parola di Dio per noi. «Fossero tutti profeti nel popolo del Signore e volesse il Signore porre su di loro il suo spirito!».
Ebbene, così sia! Chiediamo il dono della profezia per l’intero nostro popolo, con le parole di Papa Francesco:
Dio, Padre onnipotente,
noi siamo la tua Chiesa pellegrina
in cammino verso il Regno dei Cieli.
Abitiamo ognuno nella sua patria,
ma come fossimo stranieri.
Ogni regione straniera è la nostra patria,
eppure ogni patria per noi è terra straniera.
Viviamo sulla terra,
ma abbiamo la nostra cittadinanza in cielo.
Non permettere che diventiamo padroni
di quella porzione del mondo
che ci hai donato come dimora temporanea.
Aiutaci a non smettere mai di camminare,
assieme ai nostri fratelli e sorelle migranti,
verso la dimora eterna che tu ci hai preparato.
Apri i nostri occhi e il nostro cuore
affinché ogni incontro con chi è nel bisogno,
diventi un incontro con Gesù, tuo Figlio e nostro Signore.
Amen.
Buona Domenica.
✠ Francesco Savino