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ORGANISMO PASTORALE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Status di lungosoggiornante solo dopo cinque anni di soggiorno legale e continuativo

(30 luglio 2014) - Ebbene, la Corte ha ricordato che l’armonizzazione delle condizioni per l’acquisizione dello status di soggiornante di lungo periodo favorisce la reciproca fiducia tra gli Stati membri
30 Luglio 2014
(30 luglio 2014) - Con la sentenza del 17 luglio 2014 la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha sottolineato che i familiari di coloro che siano in possesso dello status di lungo soggiornanti devono dimostrare di possedere personalmente il requisito della residenza almeno quinquennale per poter ottenere il rilascio del permesso di soggiorno Ue per soggiornanti di lungo periodo, non essendo sufficiente far valere la previa residenza quinquennale del familiare lungo soggiornante.
È questa dunque, ad avviso della Corte, la corretta interpretazione delle disposizioni contenute nella direttiva n. 109/2003 sullo status di lungosoggiornante, disposizioni che non consentono deroghe al requisito della residenza quinquennale né consentono agli Stati Membri l’adozione di norme più favorevoli.
La Corte, interpellata dal giudice italiano nella causa Shamim Tahir c. Ministero dell’Interno/Questura di Verona (C- 469/13), ha chiarito che le norme contenute nella Direttiva 109/2003 sullo status dei lungosoggiornanti devono essere interpretate nel senso che il familiare della persona che abbia acquisito lo status di lungosoggiornante non può essere esentato dal requisito del soggiorno legale e continuativo nello Stato membro per cinque anni precedentemente alla presentazione della domanda per poter pure accedere al medesimo status.
 La questione è  stata sottoposta da un rinvio pregiudiziale effettuato dal Tribunale di Verona a seguito di una controversia tra una  cittadina pakistana coniugata con un cittadino  pakistano e titolare del permesso di soggiorno UE per lungosoggiornanti - e la Questura di Verona. La richiedente, infatti, sosteneva il diritto ad ottenere il medesimo status di lungosoggiornante del marito pur non avendo maturato i cinque anni di soggiorno legale pregresso in Italia, sulla base di un’interpretazione letterale dell’art. 9 c. 1 del d.lgs. n. 286/98, avallata dalla giurisprudenza di alcuni tribunali amministrativi regionali.
Questa disposizione recita infatti che lo straniero in possesso, da almeno cinque anni, di un permesso di soggiorno in corso di validità, che dimostri la disponibilità di un reddito non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale e, nel caso di richiesta per i familiari, di un reddito sufficiente e di un alloggio idoneo (secondo i parametri previsti dalla vigente legislazione), può chiedere al Questore il rilascio del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, per sé e per i familiari di cui all’art. 29, comma 1.
L’istanza era stata respinta dalla questura di Verona, che aveva sottolineato come la disposizione citata potesse essere interpretata solo come un diritto procedurale e non sostanziale, nel senso che il titolare dei requisiti per ottenere lo status di lungosoggiornante può richiedere lo stesso status per i familiari, purché siano in possesso individualmente dei requisiti richiesti dalla legge.
La Corte di Giustizia ha chiarito al riguardo che gli artt. 4 e 7 della direttiva 109/2003 sui requisiti per l’accesso allo status di lungosoggiornante devono essere interpretati alla luce del considerando n. 6 della direttiva medesima, che recita: “La condizione principale per ottenere lo status di soggiornante di lungo periodo dovrebbe essere la durata del soggiorno nel territorio di uno Stato membro. Dovrebbe trattarsi di un soggiorno legale ed ininterrotto, a testimonianza del radicamento del richiedente nel paese in questione. È necessaria una certa flessibilità affinché si possa tener conto delle circostanze che possono indurre una persona ad allontanarsi temporaneamente dal territorio”. Come già ribadito dalla consolidata giurisprudenza della Corte di Giustizia europea, infatti, è la durata del soggiorno legale e ininterrotto per cinque anni che attesta il radicamento della persona nel paese e quindi motiva il riconoscimento dello status di lungosoggiornante.
Una seconda questione è stata sottoposta alla Corte dal giudice italiano, relativa alla condizioni alle quali gli Stati membri possono rilasciare titoli di soggiorno permanenti o di validità illimitata a condizioni più favorevoli rispetto a quanto previsto dalla stessa Direttiva.
Ebbene, la Corte ha ricordato che l’armonizzazione delle condizioni per l’acquisizione dello status di soggiornante di lungo periodo favorisce la reciproca fiducia tra gli Stati membri. Di conseguenza, il permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo conferisce, in linea di principio, al suo titolare il diritto di soggiornare per più di tre mesi nel territorio di uno Stato membro diverso da quello che gli ha concesso lo status di soggiornante di lungo periodo.
Vero è che la direttiva consente agli Stati membri di rilasciare titoli di soggiorno permanenti o di validità illimitata a condizioni più favorevoli rispetto a quelle previste dalla direttiva; tuttavia, essa sottolinea che, interpretando il testo della direttiva, i titoli rilasciati a condizioni più favorevoli non possono costituire permessi di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo ai sensi della direttiva e non conferiscono il diritto di soggiorno negli altri Stati membri. La Corte dichiara quindi che il diritto dell’Unione non consente ad uno Stato membro di rilasciare a condizioni più favorevoli di quelle previste nella direttiva un permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo ad un familiare.