Di seguito, l'intervento di mons. Pierpaolo Felicolo all'incontro a Bologna delle comunità anglofone e francofone con i loro cappellani presenti in Italia e vari ambasciatori africani (30 giugno 2024), organizzato dal coordinatore nazionale francofono, don Luis Gabriel Tsamba, su iniziativa del card. Matteo Zuppi, Presidente della CEI.
Buongiorno a tutti e tutte,
È un onore per me, come Direttore Generale della Fondazione Migrantes, poter intervenire oggi in questo importante evento, dedicato al tema "La pace, bene prezioso oggetto della nostra speranza a cui tutta l'umanità aspira".
Un tema di grande importanza e urgenza, soprattutto nell'attuale contesto segnato da numerosi conflitti, alcuni di essi ampiamente noti e altri meno.
Secondo i recenti dati elaborati dall’UNHCR, nel mondo circa 120 milioni di persone sono costrette alla fuga a causa di guerre, persecuzioni e violazioni dei loro diritti umani. Si tratta di un dato in crescita per il 12esimo anno di fila. Un dato che certamente verrà analizzato all’interno del Report sul diritto d’asilo che annualmente, come Fondazione Migrantes, pubblichiamo.
Tra i fattori che spingono queste persone a fuggire non possiamo non annoverare i numerosi conflitti, interstatali e intrastatali, in corso. Sebbene l’attenzione dei media tenda a concentrarsi su quei conflitti che sono ritenuti maggiormente rilevanti a livello internazionale o “geopolitico”, ricordo a me stesso che nel 2023 si sono registrati, secondo l’ACLED, oltre 147 mila eventi di conflitto, con almeno 167.800 vittime. Ad oggi, i Paesi interessati da conflitti definiti come “estremi”, “elevati” o “turbolenti” sono circa 50.
Numeri probabilmente noti agli addetti ai lavori, ma che è sempre opportuno diffondere e ribadire, a partire dalle nostre comunità ecclesiali. Come il Santo Padre più volte ci ha ricordato: la Chiesa non può essere indifferente davanti alle guerre e al dolore che da queste viene generato. Un dolore che dovrebbe aumentare la nostra vergogna e al quale, invece, rispondiamo con la nostra indifferenza. È questa la società della indifferenza che Papa Francesco denuncia con tutte le sue forze.
Dobbiamo, dunque, contrastare con grande impegno quella tendenza che ci porta a “fare finta che la guerra sia qualcosa che non ci appartiene”. Il conflitto ucraino e quello israelo-palestinese ci hanno costretto a guardare in faccia la “realtà”, una realtà che, però, dobbiamo esserne consapevoli, travalica i confini del nostro continente europeo.
Ciò che personalmente mi preoccupa, oltre al dato in costante crescita dei conflitti in corso, è la sempre minore capacità di mediazione e gestione degli stessi. Aumenta, infatti, il numero dei conflitti in corso e aumenta, altresì, la durata media delle crisi umanitarie che ne discendono.
Oggi siamo davanti ad un grande paradosso figlio della nostra assoluta incoerenza. Da un lato ci siamo assuefatti alla guerra e ai conflitti, fino a considerarli un dato strutturale della nostra realtà, uno strumento pressoché ordinario di risoluzione delle controversie internazionali. Di contro, però, quando ci confrontiamo con il fenomeno della mobilità umana che, almeno in parte, da questa conflittualità è generata, in questo caso sì, siamo pronti a gridare all’emergenza.
Quando ci renderemo conto che la vera emergenza e la mancanza di pace in questo mondo? Quando comprenderemo e risponderemo davvero alla chiamata ad essere costruttori di pace? La pace è una responsabilità affidata a ciascuno di noi. Ognuno di noi, ciascuno in base al suo ruolo, è chiamato a costruire nella propria esistenza legami di pace.
Dal canto nostro, come Fondazione Migrantes, non possiamo che denunciare questa costante miopia nella trattazione del fenomeno migratorio. Al centro del dibattito, infatti, ritroviamo costantemente la ricerca di strumenti di contenimento alla mobilità umana. Innalziamo muri, respingiamo i richiedenti asilo, facciamo accordi discutibili con governi altrettanto discutibili, appaltando a soggetti terzi controlli e valutazioni.
Mi chiedo e vi chiedo: quanto impegno, tempo e risorse, invece, mettiamo quotidianamente in campo al servizio della pace? Quanto ci adoperiamo affinché ogni persona sia davvero libera di scegliere se migrare o restare?
Il Messaggio del Santo Padre per la 53esima giornata mondiale della pace offre molteplici spunti di riflessione. Difficile aggiungere qualcosa di nuovo dopo gli interventi degli illustri relatori che mi hanno preceduto.
Partendo dalle parole di Papa Francesco, però, vorrei provare a svolgere alcune considerazioni che in qualche modo coinvolgono il tema della mobilità umana e quindi l’attività della Fondazione che ho l’onore di dirigere.
Come ben evidenziato dal Santo Padre, intorno allo sviluppo tecnologico gravitano, da un lato, “entusiasmanti opportunità” e “gravi rischi” dall’altro. Egli magistralmente ci ricorda come non si possa mai parlare di vero progresso quando alla base di questo sviluppo non si colloca “la dignità intrinseca di ogni persona e la fraternità che ci lega come membri dell’unica famiglia umana”. Continuo a citare testualmente: “Gli strumenti che non portano a un miglioramento della qualità di vita di tutta l’umanità, ma al contrario aggravano le disuguaglianze e i conflitti, non potranno mai essere considerati vero progresso”. (fine citazione).
Mentre nelle sedi istituzionali si affrontano discussioni sull'antropocentrismo e l'etica nell'uso dell'Intelligenza Artificiale, i confini dell'Europa sono diventati, ormai da tempo, il terreno di sperimentazione per le tecnologie di sorveglianza più avanzate.
Le chiamano “frontiere intelligenti”, l’ultima frontiera in termini di frontiere: un giro di affari di svariati milioni di euro che coinvolge un numero indefinito di operatori economici del settore sicurezza.
Se da un lato, noi europei guardiamo con preoccupazione a quelli che potrebbero essere gli effetti di medio e lungo periodo di siffatto sviluppo tecnologico (penso ad esempio all’impatto sui livelli occupazionali), dall’altro lato non ci preoccupiamo minimamente di quelli che sono gli effetti che questo c.d. “progresso” produce, già da ora, su molte categorie di persone, soprattutto le più vulnerabili di questo pianeta.
Ce lo dice chiaramente il Santo Padre: “dobbiamo ricordarci che le la ricerca scientifica e le innovazioni tecnologiche non sono disincarnate dalla realtà e neutrali”.
Aggiungo: le nuove tecnologie, nonostante la loro reputazione di imparzialità, sono inevitabilmente, pur sempre, il riflesso di obiettivi e scelte ideologiche.
Quanto avviene ai confini europei ne è la dimostrazione. Qui, le nuove tecnologie, come confermato dal recente Patto europeo sulla migrazione, costituiscono uno strumento centrale nel perseguimento di politiche securitarie e repressive in materia di immigrazione.
Un approccio che emerge anche dal recente Regolamento sull’intelligenza artificiale adottato nel marzo di quest’anno. Un Regolamento molto importante che si muove nella giusta direzione, cioè la promozione e la salvaguardia dei diritti umani verso i sistemi di intelligenza artificiale. C’è però un “piccolissimo” problema che non può lasciarci indifferenti: l’inaccettabile doppio standard di tutela che in esso viene sancito.
I diritti umani sono importanti, ma quelli dei migranti lo sono un po’ meno.
Faccio mie, dunque, a mo’ di conclusione, le parole con cui il Santo Padre termina il suo Messaggio: “Nei dibattiti sulla regolamentazione dell’intelligenza artificiale, si dovrebbe tenere conto della voce di tutte le parti interessate, compresi i poveri, gli emarginati e altri che spesso rimangono inascoltati nei processi decisionali globali”.
Ecco, credo che come Fondazione Migrantes, come organismo pastorale della Conferenza Episcopale italiana, il nostro impegno debba andare esattamente in questa direzione: far si che le istanze e diritti degli emarginati di questa terra, i senza voce, i nostri fratelli e sorelle migranti, possano avere la considerazione che meritano all’interno dei processi decisionali, nazionali e sovranazionali.
Vi ringrazio per l’invito e per la vostra attenzione.
Pax et bonum.
https://www.youtube.com/watch?v=5KPf7hon8_s
Programma - 30 giugno 2024 - Villa Pallavicini - Bologna - v1