Quello che serve urgentemente al Paese, come hanno ricordato ancora una volta i vescovi italiani alla fine del Consiglio episcopale permanente straordinario di martedì 27 maggio, è senza dubbio una riforma complessiva della legge 91/1992 sulla cittadinanza.
Il prossimo referendum dell’8 e 9 giugno – che mira solo a ridurre da 10 a 5 anni i tempi per poter presentare la richiesta – appare in ogni caso un’occasione per cominciare ad adottare “una visione larga che eviti mortificazioni della dignità delle persone” e per “integrare nella pienezza dei loro diritti coloro che condividono i medesimi doveri e valori”.
Come aveva scritto su Migranti Press lo scorso mese di marzo S.E. mons. Gian Carlo Perego, arcivescovo di Ferrara-Comacchio e presidente della CEMi e della Fondazione Migrantes, “votare il referendum sulla cittadinanza significa esercitare il diritto a modificare una legge che non aiuta a costruire l’Italia di domani”, perché “non si può lasciare fuori dalla città – oggi con un’attesa fino anche a 14 anni, per motivi burocratici, mentre negli altri Paesi europei l’attesa media è di sette anni – chi lavora, studia, si sposa, ha un figlio in Italia”.
Roma 27–5-2025 | Cei | Consiglio permanente straordinario | Ph: Cristian Gennari/Siciliani