Profondo dolore e condanna di ogni forma di violenza, insieme con l’impegno per la preghiera e il sostegno alla famiglia. Dopo l’aggressione mortale per strada dell’ambulate nigeriano a Civitanova Marche, la Chiesa della regione dell’Italia centrale sceglie di esprimere con minuti di silenzio al posto delle omelie lo sgomento per quanto accaduto sotto gli occhi di diversi passanti
La Chiesa delle Marche, in riferimento alla morte di Alika Ogorchukwu, l’ambulante nigeriano ucciso in un’aggressione venerdì pomeriggio a Civitanova Marche, in Italia centrale, sotto gli occhi di diverse persone, ha reagito con la preghiera, esprimendo dolore e una chiara condanna di ogni forma di violenza.
L’eloquenza del silenzio
L’arcivescovo di Fermo, monsignor Rocco Pennacchio, diocesi da cui dipende Civitanova, ha fatto sapere che oggi nelle celebrazioni domenicali al posto dell'omelia ci sono alcuni minuti di silenzio. Ha spiegato il presule: “Vogliamo ribadire e rafforzare il nostro impegno per la pace e perché l'aggressività non si sostituisca alla giustizia e non metta più in pericolo altre vite”. “Nessuna forma di violenza può avere cittadinanza nella vita secondo lo stile del Regno di Dio. Preghiamo anche per l'aggressore e i suoi familiari", ha aggiunto monsignor Pennacchio.
Dolore e angoscia
"La nostra Chiesa locale e le parrocchie di Civitanova di fronte all'uccisione di Alika – ha aggiunto - scelgono l'atteggiamento del silenzio per lasciarci ferire il cuore e sconvolgere dell'accaduto. Preghiamo per la vittima e siamo vicini a tutti coloro che sono nel dolore e nell'angoscia per quanto successo".
La mano tesa
L’arcivescovo di Camerino e San Severino, Francesco Massara, dove risiede la famiglia di Alika, ha dichiarato invece, assieme al parroco di San Severino e direttore della Caritas: "La comunità cristiana di San Severino si stringe a questa famiglia così colpita del dolore ed assicura, come si è sempre operato con tutti, la piena disponibilità ad aiutare la signora Charity e il figlio Emmanuel in questa situazione di prova".
Comunità locale sotto choc
La vittima aveva 39 anni, era sposato con un figlio piccolo, viveva a San Severino ma si spostava spesso su Civitanova. Non aveva precedenti di alcun tipo. Il comune di Civitanova, come gesto di vicinanza alla famiglia, si è offerto di pagare il funerale, come ha fatto sapere l'avvocato Francesco Mantella, legale dei familiari. Il comune si è impegnato ad attivarsi anche per far avere alla famiglia un sussidio. Per questo si interfacceranno i servizi sociali di San Severino, dove la coppia viveva, e quelli di Civitanova Marche. Il legale ha confermato che si cerca giustizia, affermando che è chiaro dai filmati che circolano che l'aggressore non ha avuto un minuto di esitazione nel fare quello che ha fatto. Come pure è chiaro che nessuno è intervenuto per fermare l’aggressore.
Ucciso in un pomeriggio d’estate tra negozi e passanti
Nel centralissimo corso Umberto I di Civitanova Marche, nella regione Marche, c'erano infatti tante persone a passeggio quando l’ambulante sussurra qualche parola a una coppia di passanti chiedendo un’elemosina. I due procedono avanti ma poi l’uomo italiano, quando la compagna entra in un negozio, torna indietro e inizia a picchiare violentemente Alika. Usa la stampella che aveva il giovane nigeriano a seguito di un incidente stradale e non si ferma nemmeno quando l’uomo è a terra mentre - si sente distintamente nei filmati registrati dai passanti - qualcuno ripete “così lo uccidi". Quando arrivano le forze dell'ordine assieme ai soccorsi non possono fare altro che constatare che l'ambulante è morto. L'aggressore viene fermato poco dopo: racconta che Alika avrebbe fatto degli apprezzamenti sulla sua fidanzata e di aver perso il controllo.
Un episodio di violenza che purtroppo non è l’unico in questa estate di aggressioni e risse in diverse città italiane. La comunità locale è sotto choc e rivive il dolore per il dramma che si è consumato nella vicina Macerata quando il 31enne Luca Traini, il 3 febbraio 2018, sparò a sei migranti, ferendoli. Traini è stato condannato a 12 anni di reclusione con l'aggravante dell'odio razziale, condanna confermata dalla Cassazione.