Il percorso commemorativo, a 10 anni dalla visita di papa Francesco a Lampedusa, si è snodato in tre tappe per “incontrare l’uomo”, un andare che ricordi ad ognuno “la nostra condizione di pellegrini in questo mondo, di migranti”, un “richiamare alla coscienza i nostri doveri di esseri umani, di cittadini e di credenti e i diritti di ogni altro uomo che abita questa terra”, ha detto don Aldo Sciabbarrasi, direttore Migrantes della diocesi di Agrigento. Un percorso iniziato dal sagrato della Chiesa parrocchiale di San Gerlando e arrivato al monumento “Porta d’Europa”, passando per il porto. Una commemorazione voluta dall’Ufficio dell’Apostolato del mare della Conferenza episcopale italiana, dalla Fondazione Migrantes e dalla diocesi agrigentina sul tema “Chi di noi non ha pianto? Il mare luogo di vita”. La “Porta d’Europa” rappresenta “la speranza di avere – ha detto il direttore Migrantes – un’Europa più umana, più sensibile, più accogliente nel senso più bello e vero del termine, un’Europa che abbia veramente aperta la porta che si affaccia sul Mediterraneo e che dia pronta e dignitosa accoglienza ai fratelli e alle sorelle che arrivano da noi senza colpa se non quella di cercare una vita dignitosa se non addirittura la salvezza della loro stessa vita”. “Partire dal sagrato della chiesa parrocchiale di Lampedusa – ha spiegato al Sir – ha significato uscire dal tempio per andare incontro all’uomo, portare fuori l’annuncio di salvezza agli uomini e donne di questo nostro tempo dentro questa nostra storia segnata da aspetti positivi e aspetti negativi”.