Il sistema di accoglienza in Italia dopo vent’anni. Poche cose da celebrare e molte su cui intervenire – L’anno che sta per concludersi sarà ricordato come quello in cui sono definitivamente esplose tutte le contraddizioni e i nodi irrisolti che hanno caratterizzato lo sviluppo del nostro sistema di accoglienza. Ne emergono, in sintesi, una precisa “tensione politica” e una lampante inerzia organizzativa: l’esito è una costante e crescente precarizzazione del diritto all’accoglienza e con essa dello stesso diritto d’asilo. Il 2022 ha visto infatti, nel primo semestre e in particolare dalla fine di febbraio, il sistema nazionale scomporsi e frammentarsi al cospetto della più grande emergenza immigratoria della sua storia ventennale: il flusso dei rifugiati ucraini in fuga dalla guerra. La contraddizione aperta dal cosiddetto “sistema binario” si è aggravata mostrando il proliferare di sottosistemi dedicati, delineando un quadro preoccupante in termini di mancata equità e un sistema inaccessibile al migrante senza mediazione. Vale la pena, dunque, di riprendere in mano il documento Il sistema che ancora non c’è, nel quale quest’anno la rete Europasilo ha elaborato sei proposte per una possibile, necessaria riforma.
Nel 2022 si è imposto per dimensioni, naturalmente, il flusso di profughi che ha attraversato le frontiere italiane in fuga dall’Ucraina, dimostrando che anche un flusso improvviso di rifugiati di (171.500 a fine settembre), con una portata più che doppia rispetto agli “sbarchi” dal Mediterraneo (71.300 persone alla stessa data) ha un impatto pari a zero sulla stabilità e sulla “sicurezza” di uno Stato come l’Italia. Alla metà di novembre gli arrivi totali via mare saranno 92.917.
Vero è, tuttavia, che la generosa “auto-accoglienza” messa in atto dalla comunità ucraina, con la collaborazione di tanti privati cittadini italiani, ha “salvato” un sistema di accoglienza ristretto e limitato: le 171.500 persone arrivate dall’Ucraina surclassano del 72% la totalità dei rifugiati e richiedenti asilo di tutte le provenienze ospitati nel sistema pubblico alla fine di settembre fra SAI, CAS e centri di prima accoglienza, poco più di 99 mila persone.
Arrivi via mare: questo 2022, almeno sino a fine settembre, vede in netto aumento su gommoni, barche e barconi rifugiati afghani e siriani, anche se le tre prime cittadinanze negli “sbarchi” rimangono come nel 2021 quelle tunisina, egiziana e bangladese.
Sempre in tema di arrivi via mare, per la prima volta il report riesce a documentare nel dettaglio le modalità di approdo sulle nostre coste negli ultimi quattro anni (Paesi di partenza, sbarchi autonomi o in operazioni di search and rescue, fra cui le missioni delle ONG).
All’attività delle ONG in Italia e nel Mediterraneo è dedicata, poco oltre questi grafici e tabelle, la scheda “ONG e non solo” (p. 350).
Sempre per la prima volta, Il diritto d’asilo apre una finestra anche sulla situazione alle quattro frontiere di terra con Slovenia, Austria, Svizzera e Francia, con le cifre sui migranti “irregolari” rintracciati (in crescita ovunque: oltre 4.800 quelli rintracciati dalla sola polizia di frontiera di Trieste e Gorizia nel 2022 fino a metà settembre, + 12% rispetto allo stesso periodo del ’21), sui migranti “riammessi” oltre frontiera, sulle “riammissioni” in Italia e sui respingimenti dal confine con la Francia (già 27.301 in questo 2022). Sono 33 le “riammissioni” già eseguite verso la Slovenia quest’anno, contro le 18 del medesimo periodo dell’anno scorso.
Un’altra scheda fa il punto sulla frontiera del Nordovest, dove si gioca il “game” italo-francese: i passaggi, i respinti, le vittime e l’accoglienza al di qua e al di là delle Alpi.
Alla fine di ottobre 2022 si trovavano in accoglienza in Italia 103.161 fra richiedenti asilo, rifugiati e migranti.
Alla fine del 2021, dopo anni di discesa, si era toccato il minimo dal 2017, con appena 78.421 persone accolte.
Negli anni l’incidenza dei CAS (i centri di accoglienza “straordinari”) sulle accoglienze totali è rimasta preponderante. Se nel 2020 le strutture CAS erano 4.556, nel 2017 hanno toccato la cifra record di 9.132.
Nel corso del 2021 la rete degli enti locali SAI ha toccato il “massimo storico” di persone accolte nei suoi progetti, 42.464. Ma alla fine dell’anno, le persone accolte nei progetti erano meno di 26 mila, appena un terzo del totale di quelle in accoglienza.
Sono 2.514 i rifugiati reinsediati in Italia con il programma nazionale italiano di resettlement inaugurato nel 2015. Dopo un “picco” di 985 arrivi toccato nel 2017, il trend annuale è purtroppo precipitato fino a poche unità nel biennio pandemico 2020-2021. Mentre sono appena quattro i reinsediati nei primi otto mesi del 2022.
I corridoi umanitari promossi dal privato sociale e dalle Chiese in collaborazione con i governi hanno permesso di accogliere in Europa dal 2016 all’inizio di settembre 2022 5.074 rifugiati, di cui 4.350 solo in Italia. A queste iniziative si sono aggiunti a partire dal 2019 (per quanto su una scala di grandezza che è ancora molto più ridotta) i programmi dei “corridoi universitari” per studenti rifugiati promossi dalle Università italiane in collaborazione con l’UNHCR e, nel 2021, il progetto dei “canali di studio”, sempre in Italia, per minori non accompagnati rifugiati in Niger.
La protezione speciale oggi: un incontro ravvicinato del legislatore con la realtà (con qualche resistenza) – Con la “nuova” protezione speciale ridisegnata dal DL 130/2020 la legislazione nazionale in materia di immigrazione e asilo sembra fare i conti con la realtà dei flussi migratori e con la vita concreta delle persone. Questo sforzo meritevole rischia tuttavia di essere vanificato (prima ancora che da eventuali restaurazioni legislative) da interpretazioni restrittive della norma e da prassi amministrative che possono scoraggiare il ricorso alla nuova forma di protezione da parte di chi invece, in essa, potrebbe trovare una via di uscita dall’irregolarità e un percorso di emancipazione e tutela dei propri diritti. Attraverso tre storie “esemplari”, un’analisi delle potenzialità della protezione speciale e delle questioni che oggi ne ostacolano un’applicazione efficace.
Il 2021 ha visto affermarsi in una qualche misura il riconoscimento della protezione speciale introdotta dal DL 130/2020: 7.092 i riconoscimenti nell’anno, quasi il 14% di tutti i richiedenti esaminati. I primi nove mesi del 2022 hanno visto crescere questa percentuale oltre il 18%. Ma si è ancora al di sotto dei valori che, in passato, otteneva la protezione umanitaria abolita dal primo “decreto sicurezza” del 2018 (dal 21% al 25% di tutte le decisioni).
Rispetto al 2020 di lockdown pandemico, nel complesso il 2021 ha registrato un forte aumento di richiedenti asilo nel nostro Paese: da poco meno di 27 mila (per trovare un valore ancora più basso occorre risalire al 2013, con 26.600 richiedenti) a 53.600.
Solo fra gennaio e la metà di settembre 2022 i richiedenti hanno già raggiunto il totale 2021 con 53.500 domande. Ma anche quest’anno si concluderà ben al di sotto dei valori raggiunti nel biennio 2016-2017, durante il quale avevano chiesto protezione rispettivamente 124 mila e 130 mila persone.
Nel 2022 fra i 10 Paesi di provenienza principali (che totalizzano insieme il 70% dei richiedenti asilo registrati) sono cinque quelli che si trovano nelle ultime posizioni del Global Peace Index, cioè fra gli Stati più insicuri del pianeta (aree dell’“indice di pace” basso o molto basso): il Pakistan, la Nigeria, l’Ucraina, l’Afghanistan e la Colombia.
L’incidenza degli esiti positivi fra i richiedenti asilo esaminati continua a presentare un’alta variabilità a seconda delle cittadinanze d’origine: nel 2022 si passa dall’8% per quella tunisina al 95% per quella afghana e al 94% per quella ucraina. Molto basse, nel complesso, le incidenze per le tre cittadinanze principali dei richiedenti esaminati: Pakistan 34%, Bangladesh 20,5% e Nigeria 41%.
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Non c’è integrazione senza legami. Un approccio interculturale alla coesione sociale – Dalle ricerche condotte in diversi contesti emerge che non è solo importante favorire in modo generale la coesione sociale e il contatto interculturale, ma è anche necessario che le relazioni intergruppi tra comunità ospitante e rifugiati siano oggetto di politiche mirate. In questa direzione va anche l’approccio della cosiddetta “community-based protection”, in particolare nell’accezione secondo cui anche la comunità ospitante (oltre agli stessi rifugiati) dovrebbe essere subito inclusa nella definizione delle priorità e nella programmazione degli interventi. Sulla base di questi spunti, il terzultimo contributo del rapporto Migrantes presenta diverse esperienze di costruzione di legami tra rifugiati e “autoctoni” che si stanno diffondendo in numerosi Paesi europei, concludendo che la coesione sociale e l’accoglienza diffusa sono sicuramente fattori facilitanti ma non di per sé sufficienti a garantire una positiva integrazione.
Le ultime tre schede della sezione I numeri/3, con una cartina, presentano in sintesi i risultati dell’aggiornamento 2022 del progetto europeo NIEM (National integration evaluation mechanism), che ha studiato la qualità delle normative e delle politiche di integrazione offerte dai governi ai beneficiari di protezione internazionale in 14 Paesi fra cui l’Italia.
Le navi quarantena tra necessità e limiti alla libertà – Dall’esperienza delle “navi quarantena” utilizzate per la sorveglianza sanitaria dei migranti arrivati via mare fra la primavera del 2020 e quella del 2022, è emerso un quadro discutibile sul quale il sipario si è chiuso con una visione desolante. Oltre alle difficoltà per l’accesso all’assistenza medica e legale, ciò che fa più riflettere è l’aver condotto su queste navi, senza basi giuridiche, anche centinaia di cittadini stranieri risultati positivi al COVID-19 che si trovavano già in centri di accoglienza sul territorio. Allo stesso tempo, questa misura ha ostacolato in maniera sostanziale le procedure di accesso al diritto di asilo frammentandole e, di conseguenza, portando a provvedimenti di espulsione dei richiedenti una volta scesi dalle navi.
Nel 2021 sono stati trattenuti a bordo delle navi quarantena 35.305 rifugiati e migranti. Nella prima parte del 2022 (l’esperienza si è conclusa ufficialmente alla fine di maggio) si tratta di 6.922 persone. Di 11 giorni la permanenza media nel ’21 e appena inferiore, 10, nel ‘22.