FONDAZIONE MIGRANTES
ORGANISMO PASTORALE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Funerale multireligioso per le vittime del naufragio dello scorso 12 maggio

(29 maggio 2014) - Un problema, quello dell’emergenza sbarchi che merita una riflessione profonda
29 Maggio 2014
(29 maggio 2014) - Diciassette bare allineate, compresi due feretri bianchi: dodici donne, tre uomini e due bambine. Ognuno di essi sognava un futuro migliore e una terra su cui sbarcare. Ma hanno trovato la morte nel naufragio del 12 maggio, nel Canale di Sicilia, a 40 miglia dalle coste della Libia. A distanza di due settimane da quell’immane tragedia, la città di Catania ha reso omaggio ai migranti scomparsi, con un rito multireligioso presso il Palazzo della Cultura, in presenza delle autorità civili e religiose del capoluogo etneo.
Presenti l'Arcivescovo di Catania, Mons. Salvatore Gristina, Don Piero Galvano, direttore Caritas Catania,una rappresentanza dell’Ufficio Pastorale delle Migrazioni della diocesi di Catania, l’Imam della comunità islamica siciliana, Keita Abdel Afid, e i rappresentanti della comunità copta. Un rito che ha ridato dignità e ridisegnato un volto a quei corpi non ancora identificati: siriani, eritrei, nigeriani. Tutti uniti da un tragico destino. Una testimonianza forte, che ha scosso le coscienze, al limite della commozione, come il sindaco di Catania, Enzo Bianco, ha dichiarato officiando il rito: “Questa città nell'agosto dell'anno scorso vide l’orrore di sei giovani vite spezzate nel tentativo di raggiungere una terra in grado di sfamarli. La Sicilia non è in grado di farlo; ma lo è l’Europa, di cui l’Isola è l'ultima frontiera. Noi speriamo – ha auspicato Bianco – che la Sicilia possa diventare davvero la chiave della soluzione di questo angoscioso problema, capace di mandare in crisi la coscienza stessa dell’Europa, che davanti a questa bare deve scegliere, e deve farlo oggi, se seppellire con loro anche la nostra coscienza di uomini civilizzati”. Un problema, quello dell’emergenza sbarchi che merita una riflessione profonda. “Quello fatto stamani è un gesto che testimonia ancora una volta la grande partecipazione della città a quest’evento così doloroso – ha ammonito l’Arcivescovo di Catania – ma bisogna andare alla radice profonda dei nostri gesti, della nostra umanità. Nel silenzio ci siamo aperti a questo colloquio con Dio, a cui chiediamo di accogliere queste vittime e di aiutarci ad esse sempre più fratelli”. Morti che, al di là della loro appartenenza religiosa, sono sulla coscienza collettiva di tutti. Ecco perché “i morti nel mare – ha ricordato l’Imam di Catania – sono una spina nel cuore. È giunto il momento di assistere a un funerale dignitoso per queste persone che non hanno trovato dignità da vivi”. Parole colme di cordoglio quelle pronunziate nel corso del funerale multireligioso, cui hanno presenziato anche il comandante Alessandro Casarsa dell’Arma dei Carabinieri, il comandante Roberto Manna della Guardia di Finanza, il questore Salvatore Longo e Michele Maltese della Capitaneria di Porto. Assenti, invece, i rappresentanti della Regione Sicilia e del Ministero dell’Interno, dal quale è giunto un messaggio a nome del sottosegretario Domenico Manzione.

Oltre il dolore umano, c’è spazio per sollecitare un nuovo modo di guardare al fenomeno migratorio con maggiore responsabilità. Lo ha chiesto a gran voce il direttore della Caritas diocesana di Catania: “Italia e Europa non vogliono risolvere definitivamente il problema. Quando la smetteremo di sfruttare gli stranieri per altre finalità? Noi europei stiamo facendo i soldi con l’immigrazione. È una verità che va detta davanti a questi fratelli morti. Dobbiamo cambiare determinate leggi e l’Europa deve porsi seriamente questo problema”.  Significativo è stato l’intervento di Felix Asante, giovane del Mali, sopravvissuto ad uno dei tanti viaggi della speranza: “Tutto ciò mi rende triste, perché ho sperimentato sulla mia pelle cosa significa arrivare via mare. Nella mia imbarcazione ho rischiato di morire, solo Dio ci ha salvati. Spero che tragedie del genere non si ripetano mai più”. L’ultimo gesto di commiato è toccato ai ragazzi della Comunità di Sant’Egidio, che hanno deposto dei fiori sopra le 17 bare come degno e ultimo saluto a nome di tutta la comunità civile.
Il Comune di Catania provvederà alla tumulazione preso il cimitero cittadino, in un’area in cui verrà issato un piccolo monumento, una scultura in pietra lavica realizzata dagli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Catania.
(Filippo Cannizzo - Migrantes Catania)
 

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