(03 settembre 2013) - In una lettera inviata al
sindaco di Roma Ignazio Marino, la comunità rom insediata dallo scorso giugno in via Salviati, nella periferia est della Capitale,
chiede di non essere più costretta a vivere nei campi e di iniziare
nuovi percorsi condivisi di inclusione sociale. Per lAssociazione 21 luglio, lappello rappresenta la possibilità, per Roma, di mettere in atto quelle nuove politiche di integrazione previste dalla
Strategia Nazionale di Inclusione dei Rom, Sinti e Camminanti, adottata dallItalia nel 2012.
«Caro sindaco, siamo e ci sentiamo cittadini di questa città, dove viviamo da trentanni - si legge in uno dei passaggi chiave della
lettera, che porta la firma di Sandor Dragan Trajlovic, portavoce della comunità -. Siamo orgogliosi di essere cittadini italiani e cittadini dEuropa.
Siamo cittadini rom che credono nellinclusione e che sognano di poter avere piena cittadinanza in questa bella città.
Per questo le chiediamo di ascoltare il nostro desiderio di essere cittadini come gli altri, senza discriminazione e senza ghettizzazione». (
Guarda il video dell'appello)
Lo scorso giugno i 152 rom che attualmente si trovano nellinsediamento informale di via Salviati sono fuggiti dal villaggio attrezzato di Castel Romano, dove vivevano dal 2010, in seguito a ripetuti episodi di violenza da parte di altri abitanti del campo.
«Vivere nel campo ci fa sentire come allinterno di un ghetto, riservato a 1300 rom - scrive al sindaco la comunità -. Si, il campo di Castel Romano è effettivamente un ghetto, isolato dalla città, insicuro, recintato, chiuso, dove non esiste alcuna possibilità di inclusione sociale. Abbiamo paura per noi e per i nostri figli, perché vivere a Castel Romano significa vivere nella sofferenza e rinunciare al futuro. Dopo trentanni non ce la facciamo più a vivere nei ghetti. Costringerci a farlo rappresenta per noi un atto di discriminazione.
In seguito a unordinanza del sindaco, il 12 agosto scorso le forze dellordine avrebbero dovuto sgomberare linsediamento di via Salviati. Lo sgombero, tuttavia, è stato sospeso e rimandato di alcuni giorni.
La comunità rom, ad oggi, vive nella costante tensione per un imminente sgombero e per il rischio di essere trasferita nuovamente a Castel Romano. Consapevole della necessità di non poter e non voler restare nellattuale insediamento di via Salviati, la comunità lancia quindi un appello al sindaco per iniziare una nuova stagione di dialogo e un percorso allinsegna dellinclusione.
«La mia comunità è disponibile a rimboccarsi le maniche e ad assumersi delle responsabilità per intraprendere un percorso che non ci porti più a vivere nei campi e nel degrado, per essere inclusi, per integrare i nostri figli, per avere un futuro migliore. Ci chiamano nomadi ma non è quello che siamo e ci sentiamo», prosegue la lettera.
«Questo appello rappresenta la possibilità di trasformare il problema dei rom di via Salviati in una opportunità storica per sperimentare percorsi virtuosi di inclusione sociale così come previsto e richiesto dalla Strategia Nazionale di Inclusione di Rom, Sinti e Camminanti», afferma lAssociazione 21 luglio.
La politica dei campi, alimentata dalla passata Amministrazione con il Piano Nomadi, non ha prodotto che segregazione abitativa e concentrazione su base etnica. «È il momento che anche a Roma, come già avviene in altre città italiane, ai rom vengano offerte soluzioni diverse da quelle dei campi».
«Passare dalla ghettizzazione allinclusione sociale: è questa la grande occasione che Roma ha davanti a sé per dimostrarsi Capitale europea attenta ai diritti umani e ai bisogni delle categorie più svantaggiate», conclude l'Associazione.