Il 19 gennaio 2014 la Chiesa ricorda il centenario della Giornata mondiale delle migrazioni: a cento anni dalla sua istituzione, qual è a suo parere un bilancio possibile, anche alla luce delle nuove emergenze in atto in tutto il mondo?
La Giornata per i migranti nasceva in Italia, sotto il Pontificato di Pio X, e dietro sollecitazione anche di vescovi come Scalabrini e Bonomelli, allo scoppio della prima guerra mondiale e di fronte al dramma di tanti profughi e rifugiati, soprattutto italiani che, emigranti all’estero, perdevano ogni cosa ed erano costretti a rientrare in Italia. Una giornata, pertanto, di solidarietà, a cui si aggiungeva anche la necessità di pregare perché crescesse nella Chiesa l’attenzione all’altro, al diverso. Successivamente, nel 1952, da nazionale la Giornata divenne mondiale. Dal 1968 ad oggi fu sempre accompagnata da un tema e da un messaggio della Santa Sede prima e poi del Papa: il primo messaggio del 1968 aveva come tema “Per la Chiesa non ci sono frontiere. Emigrazione: incontro di fratelli”. Il messaggio per la prossima Giornata del 2014 è: “Migranti e rifugiati: verso un mondo migliore”. Come si può vedere dal primo all’ultimo messaggio, in questi anni il magistero sociale della Chiesa è stato arricchito dall’attenzione alla persona migrante per motivi economici o per motivi politici e, ultimamente, ambientali, affrontando sempre i temi e i problemi nuovi di una globalizzazione delle migrazioni che interessa ormai nel mondo 232 milioni di persone. Ultimamente, poi, l’attenzione è andata particolarmente alle migrazioni forzate – come si può vedere anche da un recente documento del Pontificio Consiglio per i migranti e gli itineranti e Cor Unum – in particolar modo alle vittime di tratta, per sfruttamento lavorativo o a scopo sessuale, ai rifugiati e richiedenti asilo in fuga da ventidue guerre in atto o alle persone costrette a lasciare il proprio Paese dalle oltre trecentosessantacinque calamità naturali gravi che hanno colpito il mondo in questo decennio.