Rammentare, ricordare, fare memoria e trasformare in memoriale ciò che si vuole mantenere vivo. Il saluto di mons. Alessandro Damiano, arcivescovo di Agrigento, ha aperto il percorso commemorativo della Giornata del Mare in corso a Lampedusa, organizzata dall’Apostolato del mare della Conferenza episcopale italiana, dalla Fondazione Migrantes e dalla diocesi di Agrigento a dieci anni dalla visita di Papa Francesco nell’Isola. Il suo intervento davanti al sagrato della chiesa parrocchiale San Gerlando è stato dedicato al significato della memoria e quello che comporta oggi nella vita dell’uomo e del cristiano il decidere di volere ricordare.
“‘Fare memoria’ o, il meno usato, ‘rammentare’, rimandano alla mente, all’intelligenza, ma non coinvolgono il cuore. Il verbo ‘ricordare’, invece, etimologicamente racchiude in sé la parola ‘cuore’, ed è quindi un ritornare al passato, pensandolo ‘con cuore’, ‘cordialmente’. Ma noi non siamo qui solo per ‘rammentare’ – ha detto il presule -, cioè un ripensare mentalmente un evento passato, ma che poi ci lascia indifferenti. Nemmeno possiamo fermarci a ‘ricordare’, ossia a un tornare indietro nel tempo ricordando, appunto, un fatto passato ‘con sentimento’, ma di un sentimento ‘da salotto’, che si tramuta in un sentimentalismo che non ci scomoda, alla fin fine, più di tanto. V’è un terzo significato – ha aggiunto mons. Damiano – e lo troviamo nella Bibbia: nelle Scritture Sacre si parla, più che di memoria, di ‘memoriale’. Non è un semplice ritornare con la mente – ‘fare memoria’ – e nemmeno un ritornare con il cuore – ‘ricordare’ – al passato, ma è un far vivere il passato, un rinverdirlo, un renderlo presente qui ed ora, un – si direbbe oggi – ‘implementarlo’”.
Allora l’augurio dell’arcivescovo, pastore della Chiesa agrigentina: “Questo decennale non sia solo ‘memoria’, ma ‘memoriale’ biblicamente inteso; ovvero un far emergere e riemergere nella nostra mente, nel nostro cuore, nella nostra volontà, nelle nostre azioni concrete, tutto quanto Papa Francesco ci ha detto in quell’occasione e renda attuali ancora oggi, la nostra capacità d’accoglienza, di prontezza nel dare un aiuto concreto, nel mostrare un sorriso sincero a chi approda a questa “porta d’Europa”, quale è divenuta Lampedusa in questi anni. Sì, perché, come ha detto Gesù: “Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25, 40). Solamente così le acque salate, salmastre del mare non saranno rese più salate e più amare dalle lacrime di chi v’è morto e di chi, rimasto in vita, piange i suoi cari. E – ha aggiunto citando il titolo dell’iniziativa – chi di noi ha pianto?”. Davanti al porto di Lampedusa, seconda tappa prima dell’arrivo a “Porta d’Europa” la riflessione su “Il mare è vita”, cuore della Giornata del Mare. A raccontare del “grido del mare che è già grido dell’uomo e viceversa” è stato don Bruno Bignami, direttore dell’Ufficio nazionale Cei dell’Apostolato del mare: “L’indifferenza nei confronti dei migranti, denunciata più volte da papa Francesco sia in Laudato si’ che in Fratelli tutti, non è che la punta di un iceberg di un modello etico e sociale. Il paradosso è lampante: se dal mare arrivano merci è segno di prosperità economica, ma se arrivano persone ci si allarma fino a chiudere occhi e cuore. I recenti casi di Cutro e del Mar Egeo ce lo ricordano, così come non sappiamo più contare le tragedie ripetutesi nel tempo”. Don Bignami ha evidenziato come “il mare fa sentire l’uomo straniero, mentre dovrebbe farci vivere lo straniero come uomo” e ha denunciato che “l’indifferenza di fronte al fenomeno migratorio va di pari passo con l’indifferenza di fronte ai temi ambientali”: “il mare – ha detto – raccoglie l’eco del grido della terra e del grido dei poveri. I cambiamenti climatici hanno aumentato la precarietà del mare. Cresce la temperatura, cambiano le specie viventi che emigrano da un mare all’altro, la maggiore acidità delle acque marine mette in pericolo la fauna, la biodiversità è a rischio. Ecco il grido della terra”.