A illustrarlo alla stampa e alle istituzioni: Giorgio Alessandrini presidente delegato dellOrganismo Nazionale di Coordinamento per le politiche di integrazione sociale degli stranieri del CNEL (Consiglio Nazionale dellEconomia e del Lavoro), Stefano Scarpetta direttore DELSA OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico), e Natale Forlani direttore generale dellImmigrazione e delle Politiche di integrazione del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. La ricerca rientra nella serie di studi "Jobs for Immigrants - lavoro per gli immigrati, condotti dalla Divisione per le migrazioni internazionali dell'OCSE, partendo dal 2007 e prendendo in esame 11 paesi dellarea. LItalia è il Paese dellOCSE che dal 2000 ha ricevuto i più alti flussi migratori sia a livelli assoluti che in percentuale sulla popolazione totale. Il fenomeno è stato graduale e diverso. Allinizio i migranti che approdavano sulla Penisola erano prettamente persone poco qualificate. Hanno poi avuto luogo i ricongiungimenti familiari che hanno incrementato notevolmente la popolazione immigrata, in proporzione più giovane di quella italiana, di conseguenza si è registrato un numero sempre più elevato di figli di immigrati.
Questa analisi è stata delineata dal presidente del CNEL, Antonio Marzano durante il suo saluto di benvenuto. Nel corso della presentazione a cui ci accingiamo - ha dichiarato Marzano - scopriremo che fra tutti i Paesi finora presi in considerazione dallOCSE, lItalia rappresenta un caso particolare. Il perchè il Presidente Marzano lo riassume nei seguenti punti: in primis la popolazione immigrata negli ultimi quindici anni è più che quadruplicata, e si attesta intorno ai 4,5 milioni di soggetti. LItalia insieme alla Spagna ha registrato una crescita senza precedenti di flussi migratori rispetto agli altri paesi dellOCSE. Sicuramente per la strategica posizione geografica. Nel periodo 2011/2012 la popolazione immigrata rappresentava il 10% della popolazione lavorativa. Nonostante il basso tasso di occupazione che cè in Italia, mediamente registrato, il tasso delloccupazione degli immigrati è di poco superiore a quello dei nativi. Questo dato per Marzano si basa su due ragioni principali: la prima e che gli immigrati sono concentrati nelle fasce di età più attive, la seconda ragione dipende dalla prolungata recessione economica che crea problemi anche agli autoctoni per linserimento nel mercato del lavoro.
Il rapporto, secondo il presidente, tocca il cuore del problema partendo dalle disparità regionali. Infatti non tutte le regioni hanno lo stesso atteggiamento nei confronti degli immigrati. Dalle regioni si fa un confronto internazionale del livello di istruzione degli stranieri e delle loro capacità professionali, si valuta lintegrazione nella scuola e nel mercato del lavoro, si esaminano le politiche in grado di contribuire a migliorare lintegrazione di costoro. Ognuno ha diritto di portarsi dietro la propria cultura e i propri valori - ha continuato Marzano - ma dato che sono destinati a vivere e operare in Italia, lintegrazione deve cominciare dalla scuola. In tema di scuola dal Rapporto emergono inoltre alcune raccomandazioni: rafforzare il sostegno a programmi di doposcuola e fare in modo che i figli di immigrati abbiano pari accesso a queste misure; aumentare le risorse finanziarie delle scuole per la formazione linguistica dei bambini immigrati appena arrivati; dare maggiori indicazioni alle famiglie sul sistema distruzione e sulle prospettive offerte dal mercato del lavoro dopo la scuola, in particolare prima della scelta tra i diversi percorsi forniti dalla scuola secondaria superiore; limitare le possibilità di ottenere permessi di lavoro per bambini che arrivano prima dei 18 anni se non hanno completato il ciclo di istruzione secondaria inferiore; estendere il sistema di formazione professionale al quarto e quinto anno in tutte le regioni. Ultima voce, ma non per questo meno importante: incoraggiare lacquisizione della cittadinanza per gli immigrati in possesso dei requisiti e i loro figli.
Per lOCSE è finito il tempo dellapproccio mercantile alle politiche migratorie, servono nuovi criteri legati allo sviluppo della persona che purtroppo però la crisi in atto non certo aiuta a contrastare.
A seguire lintervento di Giorgio Alessandrini, presidente delegato dellOrganismo Nazionale di Coordinamento per le politiche di integrazione sociale degli stranieri del CNEL, che ha aperto ufficialmente il dibattito.
Alessandrini ha esordito con un giudizio positivo sul contenuto del rapporto perché ha precisato delinea correttamente le caratteristiche dellevoluzione dellimmigrazione in Italia dal 2000, ne indica le ragioni strutturali, dal deficit demografico, ai fattori economici a quelli geopolitici, ecc
. Secondo Alessandrini il rapporto mette a fuoco la gravità delle conseguenze della crisi economica sugli immigrati e le loro famiglie, in termini di disoccupazione, di impoverimento, ne individua le priorità da affrontare per le integrazioni sociali per quanti resteranno in Italia e per i loro figli. Per Alessandrini, che evidenzia la centralità della qualificazione del mercato del lavoro e dellintegrazione del sistema scolastico, va anche sottolineata la difficoltà per la ricera di cogliere un ruolo che è stato ed è storico e straordinario nelle diverse modalità di intervento delle regioni e degli enti locali, nonché del ruolo della società civile organizzata per le politiche di integrazione nelle realtà territoriali nel nostro Paese.
Una specificità che il rapporto ha delle difficoltà a cogliere. Il rapporto stesso - ha continuato Alessandrini - è un po alla ricerca di una responsabilità nazionale per le iniziative di integrazione, tra le politiche portate avanti con molto coraggio e determinazione dalle realtà locali, regionali, territoriali e le politiche portate avanti attraverso soprattutto i progetti a livello nazionale, sia del Ministero degli Interni, sia del Ministero del Lavoro.
Ha poi preso la parola il direttore DELSA dellOCSE Scarpetta , che ha coordinato tutto il lavoro che ha portato alla stesura dellattuale rapporto. La situazione dellItalia, ha spiegato, è uguale a quella di molti altri paesi che in modo diverso condividono gli stessi problemi in materia di immigrazione e integrazione. Offrire una fotografia accurata sulla situazione degli immigrati nel nostro Paese non è facile - ha aggiunto Scarpetta -. LItalia si distingue in tanti aspetti, soprattutto per la dimensione dei flussi migratori, per il fatto che si siano concentrati in un periodo relativamente breve, ma anche per le caratteristiche degli immigrati che rendono comlpesso il processo di vera integrazione economica e sociale. LOcse fa studi comparati - ha continuato il Scarpetta - in cui qualunque sia il tema di politica economica, cerchiamo di mettere in luce quelli che sono i risultati dei diversi paesi, ma anche quelle che sono le politiche che le varie nazioni hanno in opera, cercando di evidenziare come le politiche e le istituzioni possono poi contribuire a risultati più o meno soddisfacenti.
Attraverso una serie di slide Scarpetta ha elencato le specificità degli immigrati e i loro risultati nel mercato del lavoro confrontando i dati italiani con quelli degli altri paesi presi in considerazione negli studi fatti in precedenza. Un fattore determinante per gli esiti nel mercato del lavoro degli immigrati in tutti i paesi è senzaltro stabilito dalla loro formazione. Rispetto ad altri Paesi dellOCSE gli immigrati che hanno scelto la nostra Penisola sono poco istruiti. Meno del 10% ha unistruzione universitaria, la percentuale più bassa che si registri assieme alla Grecia. Al contrario, il risultato per il livello di istruzione riferito alla scuola secondaria superiore risulta relativamente elevato. I livelli di istruzione tra coloro che sono al di sotto dei 35 anni sono molto più bassi confrontandoli con quelli dei nativi. Purtroppo la situazione non si presenta migliore se si analizzano i risultati scolastici dei figli degli immigrati. Per ridurre questo handicap bisogna fornire maggiori informazioni alle famiglie, sarebbe un primo passo per ridurre alcune lacune. Ma limmigrazione ha portato anche esperienze positive, esistono e dovrebbero essere di più valorizzate.
A chiudere il dibattito Natale Forlani direttore generale dellImmigrazione e delle Politiche di integrazione del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Quando si parla di immigrazione, non dobbiamo dimenticare che il fenomeno ci interessa da un arco di tempo relativamente recente, ha affermato Forlani - quando ragioniamo in termini di comparazione internazionale ricordiamo che il nostro Paese ha 15 anni di storia di accoglienza... Partiamo da una accoglienza recente, forse è il caso più esposto di immigrazione multiculturale a livello mondiale. La composizione dei nostri flussi è poliedrica fatta di tante comunità, che hanno approcci ai temi dellintegrazione diversissimi
E una immigrazione legata a opportunità di lavoro e impiego, in alcuni casi è una immigrazione circolare di andata e ritorno.
Dalla comparazione con gli altri paesi la situazione dellItalia emerge nelle sue peculiarità non solo per il volume della popolazione immigrata, ma anche per il sistema dei permessi e le procedure per la regolarizzazione e le politiche di integrazione e la loro implementazione sul territorio nazionale. Tra le principali raccomandazioni evidenziate nel rapporto in tema di lavoro va ricordato in sintesi: analizzare leffetto sproporzionato della crisi economica sugli immigrati e promuovere la loro occupabilità; combattere il lavoro sommerso e irregolare; migliorare le infrastrutture per lintegrazione; facilitare lintegrazione dei figli immigrati. (Inform)