La Fondazione Migrantes si dice “sorpresa” dal ricorso “costante a decreti d’urgenza sui temi migratori: è la quarta volta in pochi mesi, infatti, che il governo interviene sul tema della gestione migratoria”. Lo ha detto oggi il direttore generale dell’organismo pastorale della Cei parlando, in audizione, alla Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati in merito al disegno di legge avente per oggetto “Disposizioni urgenti in materia di immigrazione e protezione internazionale, nonché per il supporto alle politiche di sicurezza e la funzionalità del Ministero dell’interno”.
Per la Migrantes se è “indubbio che il 2023 ha numeri di arrivi via mare significativi” (140.000 ad oggi ndr), gli arrivi via terra “sono stati anche più alti negli anni passati e gli sbarchi negli anni 2015 e 2016 sono stati superiori arrivando a 160.000/180.000, ma non c’è stato bisogno di arrivare a dichiarare l’emergenza, perché c’erano circa 190.000 posti di accoglienza che negli anni sono stati in parte smantellati”. In Italia – ha sottolineato il direttore generale Migrantes – “più che essere in emergenza per i numeri, siamo in emergenza perché non è stata fatta e continua a non essere fatta una programmazione e gestione dell’accoglienza adeguata che porti a far dialogare e coordinare il Governo con le regioni e a seguire non c’è una programmazione in ogni regione che coinvolga i comuni e tutti gli enti del Terzo settore ed ecclesiali”. Entrando nel merito del disegno di Legge “troviamo incoerente con quanto dichiarato in premessa che quasi tutti gli interventi siano volti non a garantire e tutelare i potenziali richiedenti asilo e le molte persone fragili che arrivano dopo viaggi estenuanti via terra e via mare, ma a comprimere ulteriormente i loro diritti contravvenendo addirittura ad alcune Convenzioni internazionali e alcune direttive europee”. Per la Migrantes “manca una programmazione regione per regione che garantisca posti dignitosi di prima e seconda accoglienza sia per adulti che per minori migranti. Non è possibile pensare di risolvere la mancanza di posti nel sistema, andando in deroga alle regole dell’Unione Europea e dichiarando che nelle strutture dove prima potevano essere accolte 50 persone ora ce ne possono stare 100 e dove prima erano accolte 100 persone ora ce ne possono stare 200, sapendo che il sovraffollamento unito ai tagli che già ci sono stati rispetto ai servizi dentro ai centri di accoglienza porterà a trascurare il riconoscimento di tutte le vulnerabilità che invece dovrebbero essere tutelate e a cui dovrebbe essere garantito un posto nel SAI. Se è apprezzabile aver riconosciuto tutte le donne e non solo quelle incinte come vulnerabili, occorre – sottolinea la Fondazione Migrantes – altrettanto farlo con tutti i minori, non trascurando anche le vulnerabilità di molti degli uomini che arrivano da viaggi e da campi dove le violazioni dei loro diritti sono state numerose, documentate sia in Libia che in Tunisia, come lungo la rotta balcanica”. Tra le criticità “il tentativo di limitare anche le tutele, che già non riusciamo a garantire, in ordine ai minori stranieri non accompagnati (MSNA)”: il Decreto-legge prevede che, in caso di indisponibilità di strutture dedicate, i Prefetti possano collocare i minori migranti non accompagnati ultra16enni in Centri di accoglienza per adulti. Una scelta, questa, che – sottolinea il direttore Migrantes – “si pone in drammatico contrasto con il principio del rispetto del superiore interesse del minore, oltre che rappresentare una grave discriminazione tra minorenni italiani e stranieri”. Ed è in “disaccordo” con quanto disposto anche dalla Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza per l’accoglienza dei MSNA, che stabilisce di preferire l’accoglienza del MSNA in famiglia o almeno in centri esclusivi per loro, con un buon rapporto tra minori presenti e figure di operatori ed educatori specializzati. Rispetto alla determinazione dell’età in fase di identificazione, poi, il testo prevede una deroga alla procedura disposta dalla L.47, stabilendo – anche senza un tutore del minore, senza un traduttore, – di sottoporre “il minore a radiografie che possono anche essere invasive e che danno risultati con margini di errore di circa due anni in più o in meno. In questo modo – spiega la Fondazione Migrantes – si elude il principio dell’approccio multidisciplinare, che preveda un’eccezione alla regola secondo la quale gli accertamenti sanitari, in particolare se caratterizzati da invasività, debbano essere utilizzati soltanto se strettamente necessari e in seguito a metodi meno invasivi, quali il colloquio psico-sociale con l’interessato. La procedura identificativa, inoltre, dovrebbe essere disposta solo in caso di “fondato dubbio” sulle dichiarazioni dell’interessato e non a libera discrezione delle forze di pubblica sicurezza”. La Migrantes ricorda anche che a proposito di accoglienza e di procedure identificative e di tutela dei minori in passato “il nostro Paese è stato condannato dalla Corte Europea dei diritti umani per aver collocato minorenni non accompagnati in centri di accoglienza per adulti e per aver condotto procedure di accertamento dell’età senza garanzie procedurali sufficienti”. Da qui la richiesta di una “una maggior attenzione nel disegno di legge in esame al rafforzamento del sistema di accoglienza e che tutte le norme che tendono a comprimere i diritti dei MSNA vengano eliminate durante l’iter della legge”.