Nell’ottica dell’invito di papa Francesco ad impegnarsi nella costruzione di un futuro con i migranti, il Coordinamento regionale della Migrantes Piemonte-Valle d’Aosta, in collaborazione con l’Unione delle Superiore Maggiori d’Italia (USMI), ha organizzato a Torino, nei locali della Migrantes, una giornata di studio e confronto a cui hanno preso parte oltre 90 religiose appartenenti a trenta congregazioni differenti delle diocesi di Torino, Cuneo, Asti e Ivrea. Buona parte delle religiose presenti erano di origini straniera, altre avevano un’esperienza alle spalle di missione e altre ancora sono oggi impegnate nel campo della mobilità umana. Tutte sono state chiamate a riflettere sulla ricchezza dei loro carismi e della loro cultura nell’ambito specifico. “In un tempo di cambiamento, di secolarizzazione e di grande mobilità umana – afferma Sergio Durando, direttore della Migrantes di Torino e direttore regionale della Migrantes Piemonte e Valle d’Aosta – in cui assistiamo all’arrivo di numerose persone provenienti da mondi diversi, urge la necessità che la Chiesa investa sempre di più nell’ accompagnamento e nella cura delle persone che si muovono e che arrivano”. E’ importante quindi che tutti i servizi di accoglienza, di ascolto, di carità, di apostolato rispondano a questo orizzonte “che è quello di manifestare l’apertura della comunità cristiana – continua Durando -, l’attenzione e la cura di una chiesa che si fa sempre più prossima e soprattutto di favorire il coinvolgimento dei nuovi arrivati, che non sono solo ‘poveri da aiutare’, ma fratelli e sorelle con cui condividere un pezzo di strada”.
La giornata si è svolta all’insegna della fraternità, della riflessione e dello scambio. Dopo un momento di preghiera, che ha coinvolto le diverse religiose, hanno aperto la giornata le parole di mons. Marco Prastaro, Vescovo di Asti e Delegato Migrantes CEP e della Delegata Nazionale USMI, Sr. Azia Ciairano. Mons. Roberto Repole, arcivescovo di Torino e Susa, nel suo intervento ha ripreso il titolo della giornata “Costruiamo insieme il futuro” dando un’approfondita lettura cristiana alle singole parole e contestualizzando nella fase storica attuale il compito della Chiesa cattolica di esprimere la volontà di Dio di “costruire coinvolgendo” il popolo di Dio, ma anche tutta la comunità che non è Chiesa perché “qualunque uomo è messo nella condizione di essere con Cristo”. La Chiesa cattolica è plurale e il ruolo delle sorelle dalle diverse culture ed esperienze diventa oggi sempre più importante per creare ponti, legami dentro e fuori la Chiesa. “Testimoniare – afferma mons. Repole – con radicalità l’altrove di Dio”. Ritessere legami oltre l’individualismo dettato dall’economicismo imperante in cui viviamo. Al termine dell’intervento dell’arcivescovo, lo spazio è stato dato alle sorelle che hanno avuto modo prima e dopo il pranzo condiviso, di raccontarsi e raccontare le fatiche, di supportarsi nella condivisione delle esperienze. “Cercare insieme segni di futuro per creare luoghi di fraternità e accoglienza… di entrare in spazi di disumanità per essere ‘stimolo’, per un’’esperienza di prossimità’”; di “porre lo sguardo, l’udito e la parola dove la comunione germoglia”; “…sono profondamente convinta che ognuna di noi porta in cuore il desiderio di camminare insieme alle sorelle e ai fratelli che incontriamo per cercare strade possibili, per una vita dignitosa arricchita dalle diverse culture ed esperienze. Come religiose credo che abbiamo bisogno di confronto, di sostegno, di condivisione per aiutarci ad aiutare”; “…ci aspettiamo un confronto rinnovato e progettuale per continuare a fare bene il bene di tanti fratelli che accogliamo e a far crescere la comunione intorno a noi… che la sinodalità di cui oggi si parla tanto diventi realtà concreta e vissuta!”.
La vita religiosa femminile è impegnata nei vari ambiti della catechesi, nella liturgia, in azioni caritative, nell’animazione sociale, nell’evangelizzazione, in attività che favoriscono l’inserimento delle persone in realtà socioculturali. E’ chiamata quindi a vivere l’accoglienza, la relazione, la cura, l’ascolto, l’attenzione verso i migranti in numerosi ambiti, anche in quelli più lontani, come nella pastorale giovanile, nell’educazione scolastica, nella pastorale con le famiglie, ma anche con le persone più periferiche e vulnerabili: le persone che vivono in strada, che sono recluse nei CPR, che vivono negli insediamenti informali, in case occupate, nei grandi condomini… Essa rappresenta quindi un’opportunità per la società e per il futuro della chiesa in quanto offre linfa nuova e vitalità. Le religiose ad esempio che rientrano dopo esperienze di missione o che sono di origine straniera, arricchiscono di valori, di esperienze di chiesa di contesti diversi e a volte complessi, di formazione e di attitudini positive ed edificanti anche le nostre comunità.