L’Italia è irrimediabilmente legata alla mobilità e inevitabilmente chiamata, oggi, a fare i conti con le difficoltà degli spostamenti dovuti alla pandemia, evento globale i cui effetti si stanno sentendo sul lungo periodo con modalità e accenti diversi. Questo non significa non spostarsi, non significa essersi fermati, ma aver ridotto gli spostamenti “ufficiali” che, comunque, riguardano un numero consistente di giova- ni, partiti soprattutto dal Nord Italia alla volta prevalentemente dell’Europa. Molti probabilmente lo hanno fatto ricorrendo all’irregolarità, non ottemperando, cioè, all’obbligo di legge di iscriversi all’AIRE poiché, in tempi di emergenza sanitaria, suona forte – e non potrebbe essere altrimenti – il campanello di allarme relativo alla perdita di assistenza sanitaria che rappresenta, da sempre, il principale motivo che trattiene chi parte per l’estero a iscriversi all’AIRE. E’ quanto si legge nel Rapporto Italiani nel Mondo della Fondazione Migrantes presentato a Roma questa mattina.
Da gennaio a dicembre 2021 si sono iscritti all’AIRE 195.466 cittadini italiani, il -12,1% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente quando erano, in valore assoluto, 222.260.
Le partenze per “espatrio” avvenute lungo il corso del 2021 sono state 83.781, la cifra più bassa rilevata dal 2014, quando erano più di 94 mila. In realtà, il trend di continua crescita si è fermato già lo scorso anno, quando comunque le partenze non sono scese al di sotto delle 109 mila unità. Si è trattato, quindi, di una frenata dolce, diventata però brusca nei dodici mesi successivi.
Quello che si pensava potesse accadere alla mobilità italiana durante il 2020 è avvenuto, invece, nel corso del 2021: la pandemia, cioè, ha impattato sul numero de- gli spostamenti dei nostri connazionali, riducendoli drasticamente e trasformando, ancora una volta, le loro caratteristiche. Rispetto al 2021 risultano 25.747 iscrizioni in meno, una contrazione, in un anno, del -23,5% che diventa -36,0% dal 2020.
Il decremento ha interessato, indistintamente, maschi (-23,0%) e femmine (-24,0%), rispettivamente, in valore assoluto, oltre 47 mila e quasi 38 mila.
L’identikit che è possibile ricavare dai dati complessivi indica, però, che chi è partito per espatrio da gennaio a dicembre 2021 è prevalentemente maschio (il 54,7% del totale), giovane tra i 18 e i 34 anni (41,6%) o giovane adulto (23,9% tra i 35 e i 49 anni), celibe/nubile (66,8%). I minori scendono al 19,5%. I coniugati si attestano al 28,1%.
Nel generale decremento, i dati che appaiono in modo più evidente riguarda- no quelli che, da diversi anni, sono i protagonisti indiscussi della recente mobilità dall’Italia, ovvero i giovani tra i 18 e i 34 anni diminuiti, in valore assoluto, di 12 mila unità circa e, in termini percentuali, del -25,6%: nell’ultimo anno l’emergenza sanitaria e le conseguenze da questa derivate hanno intaccato il cuore delle par- tenze italiane.
Sin dallo scorso anno si sono notate le strategie messe in atto per contenere i rischi della pandemia: anche nell’ultimo anno si registra che a partire sono stati sempre più i giovani e sempre meno gli anziani (-19,6%) e le famiglie. In drastica riduzione anche il numero dei minori, che presentano l’incidenza negativa più alta (-25,9%) rispetto alla media nazionale (-23,5%) e maggiore anche rispetto alla classe dei giovani tra i 18 e i 34 anni.
Il 78,6% di chi ha lasciato l’Italia per espatrio nel corso del 2021 è andato in Europa, il 14,7% in America, più dettagliatamente latina (61,4%), e il restante 6,7% si è diviso tra continente asiatico, Africa e Oceania.
Nonostante la riduzione del numero delle partenze si rilevano ben 183 destina- zioni differenti: 48 europee, 47 africane, 44 dell’Asia, 24 dell’America settentrionale e 14 latinoamericane, 6 dell’Oceania.
Il 53,7% (poco più di 45 mila) di chi ha lasciato l’Italia alla volta dell’estero per espatrio nell’ultimo anno lo ha fatto partendo dal Settentrione d’Italia, il 46,4% (38.757), invece, dal Centro-Sud.
La Lombardia (incidenza del 19,0% sul totale) e il Veneto (11,7%) continuano ad essere, come da ormai diversi anni, le regioni da cui si parte di più. Seguono: la Sicilia (9,3%), l’Emilia-Romagna (8,3%) e la Campania (7,1%). Tuttavia, dei quasi 16 mila lombardi, dei circa 10 mila veneti o dei 7 mila emiliano-romagnoli molti sono, in realtà, i protagonisti di un secondo percorso migratorio che li ha portati dapprima dal Sud al Nord del Paese e poi dal Settentrione all’oltreconfine.