FONDAZIONE MIGRANTES
ORGANISMO PASTORALE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Migranti, 700mln dalla UE

(3 marzo 2016) - Saranno 700 i milioni di euro messi a disposizione dalla Commissione europea per portare sostegno ai Paesi europei toccati dalla crisi dei profughi e con gravi conseguenze umanitarie già visibili, come la Grecia
3 Marzo 2016
(3 marzo 2016) - Trecento milioni subito, gli altri 400 divisi in due anni. E’ il piano di stanziamento del budget umanitario di 700 milioni di euro da destinare ai Paesi esposti alla crisi dei migranti che la Commissione europea sottoporrà al Consiglio e al Parlamento europei per il via libera dei Ventotto. Non si deve perdere più tempo, è questa la preoccupazione di Bruxelles di fronte alla crisi umanitaria che in questo momento sta schiacciando soprattutto la Grecia, dove si continuano ad ammassare migranti bloccati dalla chiusura delle frontiere con la Macedonia. Mentre a Calais si è arrivati al terzo giorno di sgombero del campo denominato la "giungla", presidiato da decine di poliziotti in assetto antisommossa, al campo di transito di Idomeni, alla frontiera greco-macedone, la tensione resta molto alta. Le autorità di Skopje hanno aperto le frontiere per circa quattro ore oggi, in due diverse finestre, permettendo l’ingresso di 170 profughi, una goccia in un mare fatto di migliaia di persone: si parla di 10 mila tra siriani e iracheni, accampate nel nulla, sottoposte a condizioni difficilissime. Di ieri la denuncia dell’Unicef, che ha raccontato di bambini, sono circa 2.500 i minori a Idomeni, costretti a dormire all’aperto senza cibo, senza accesso ai servizi igienici, in situazione di gravissimo stress e sottoposti al rischio di violenze e abusi. Andrea Iacomini, portavoce di Unicef Italia:

R. – Voglio ricordare un antefatto: da dove vengono tutti questi bambini? Nessuno forse ne parla, nessuno forse lo ricorda, ma questi bambini fuggono da una guerra, quella siriana, che dura da cinque anni e che la comunità internazionale non è stata in grado di risolvere. Quando oggi l’Europa si trova di fronte a un dramma come questo dimentica di interrogarsi su come mai e dove fosse cinque anni fa, quando è iniziato il focolaio di questo conflitto in Siria, quando i rifugiati sono diventati quattro milioni e mezzo, quando i morti sono diventati 300 mila e quando queste grandi masse umane, dopo aver lasciato la rotta del Mediterraneo, sono arrivate su quella dei Balcani. Noi abbiamo fatto appello più volte che questa situazione sarebbe esplosa e siamo stati inascoltati e oggi i bambini sono costretti a vedere i propri genitori malmenati, sono vittime di violenze, assistono a scene alle quali non dovrebbero assistere, oltre a tutti i traumi a cui sono già stati sottoposti in patria perché magari le bombe hanno completamente rovinato la loro infanzia. Ecco perché ho parlato con forza di una violazione palese della Carta fondamentale dei diritti dell’infanzia - la Convenzione dell’89 - perché tutti i Paesi del mondo, compresi quelli che oggi hanno chiuso le frontiere, compresi quelli che  hanno alzato dei muri antistorici senza senso e fuori da ogni realtà, hanno firmato quella Carta e si sono impegnati su tre cose fondamentali: proteggere i bambini, seguire il loro percorso in qualsiasi situazione e superare qualsiasi steccato di natura razziale, personale e umana. Oggi, invece, questi bambini non sono protetti e si trovano all’interno di uno scenario che ricorda, purtroppo, scene già viste negli Anni ’40. Questo secondo me, nel 2016, nell’Europa della solidarietà, nell’Europa unita, non può e non deve accadere.

D. – Oltre, appunto, a denunciare questa evidente violazione, l’Unicef ha però anche detto: “Chi viola questa carta se ne assuma le proprie responsabilità”. Che cosa significa? Quanto può interessare questo a quei Paesi che hanno deciso di lasciar fuori queste persone?

R. – Iniziamo da un presupposto: la Carta sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza è la carta più ratificata al mondo, ma è anche la carta più violata al mondo. Basti pensare alle guerre che continuano, ai continui abusi, alle violenze, alle situazioni nelle quali si trovano questi bambini in qualsiasi parte del pianeta. Assodato che questa Carta subisce delle violazioni, spesso per mancanza di leggi o di atteggiamenti corretti da parte degli Stati nazionali, è chiaro che assumersi le proprie responsabilità significa che nelle sedi opportune – ieri ho fatto un appello all’Italia affinché venga sollevata questa questione – questi Paesi vanno messi di fronte al fatto che hanno preso degli impegni come europei, degli impegni all’interno dei Trattati che hanno firmato per diventare dei Paesi membri e, soprattutto, degli impegni rispetto a questo Trattato. Naturalmente, oggi questi Trattati vengono superati, non vengono rispettati... Però, non dimentichiamoci che questi sono dei crimini contro l’umanità e di fronte a questi dovranno rispondere.

D. – Ricordiamo che con quello che sta accadendo al campo di Calais, dove sono centinaia i minori, non sono meno colpevoli né la Francia né la Gran Bretagna…

R. – Comprendo davvero le difficoltà interne dovute a tutto quello che è accaduto in questi mesi in Francia e capisco le preoccupazioni della Gran Bretagna, però credo che i grandi Paesi dell’illuminismo, i grandi Paesi dei diritti civili come loro, non possano assolutamente chiudere e voltare le spalle ai bambini. Questi bambini non sono terroristi: questi bambini hanno bisogno di protezione perché fuggono da guerre che questi stessi Paesi, in quanto parte della comunità internazionale, purtroppo non hanno risolto. È una questione di cui dobbiamo farci carico tutti. Ho chiesto all’Italia più volte di portare questa vicenda in tutte le sedi opportune. Ieri, il ministro degli Esteri Gentiloni ha parlato di "baratro", quindi non dico nulla di nuovo. Però, mi auguro che sia Cameron che Hollande, in qualche modo, tengano presente che sta accadendo ciò che fu negli Anni ’40, ancora situazioni che purtroppo non riusciamo a risolvere. Noi, ripeto, non siamo riusciti a risolvere. Il problema nasce dalla nostra impotenza. (Radio Vaticana)