FONDAZIONE MIGRANTES
ORGANISMO PASTORALE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Migranti in cerca di salvezza protestano a Lampedusa

(20 gennaio 2016) - L’isola, che rappresenta la primissima accoglienza per quanti scappano dalle coste libiche, è nuovamente lasciata sola a gestire le contraddizioni e le criticità anche di questa tipologia di centri d’identificazione
21 Gennaio 2016
(20 gennaio 2016) - Il 5 e il 6 gennaio scorso, più di 200 migranti accolti a Lampedusa hanno manifestato davanti al sagrato della chiesa San Gerlando e per le strade dell’isola contro l’obbligo d’identificazione tramite le impronte digitali, così come imposto dalle norme comunitarie. Solo dopo la mediazione del parroco don Mimmo Zambito e del sindaco Giusi Nicolini, che li hanno messi in contatto telefonico con il sacerdote eritreo don Mussie Zerai, hanno deciso di rientrare all’interno della struttura che li ospita temporaneamente. Quasi tutti, essendo di provenienza eritrea e quindi rifugiati politici, hanno accesso alle quote europee di accoglienza ma contestano che il nuovo sistema non tiene conto delle loro preferenze di un paese rispetto a un altro, riguardo a questioni familiari e affettive. Fra loro, inoltre, un gruppo di sudanesi, che invece temono di esserne esclusi perché sicuramente definiti migranti economici. L’isola, che rappresenta la primissima accoglienza per quanti scappano dalle coste libiche, è nuovamente lasciata sola a gestire le contraddizioni e le criticità anche di questa tipologia di centri d’identificazione, definiti Hotspot, ancora più evidenti nel caso di Lampedusa. Qualche settimana prima il Ministro Alfano era stato richiamato dalla commissione europea per la lentezza delle procedure e perché ancora non erano stati attivati il resto degli hotspot previsti. In Italia era operativo fino a quel momento solo quello di Lampedusa e soprattutto era stato indicato di ricorrere a maniere forti nel caso qualcuno si opponesse a lasciare le impronte. Eppure il sistema di relocation sembrava di semplice applicazione: i migranti recuperati in mare e portati all’interno di un hotspot, una volta prese le impronte digitali e quindi fotosegnalati, devono rispondere ad alcune poco chiare domande sulla loro identità e sul motivo del loro viaggio e in base ai dati raccolti avviene la differenziazione tra rifugiato e migrante economico. I rifugiati, quindi, sono assegnati ai paesi che hanno dato disponibilità ad accoglierli mentre tutti gli altri si trovano con in mano un provvedimento di espulsione, che nella maggior parte dei casi se non è previsto l’accompagnamento alla frontiera, li intima autonomamente a lasciare il territorio. Per il destinatario del provvedimento, trovandosi quasi abbandonato in una stazione siciliana sarà difficile, pur volendo eseguire quanto ordinato, poter raggiungere la frontiera italiana e quindi l’aeroporto di Fiumicino. La distinzione è fatta considerando unicamente gli accordi fra gli stati che aderiscono al sistema delle quote, non basandosi unicamente sulle norme di protezione internazionale e forse anche ignorando le recenti condanne della Corte Europea dei diritti dell’uomo proprio per aver messo in pratica dei respingimenti collettivi legati alla nazionalità. La maggior parte dei migranti che arriva in Italia non proviene solo dall’Eritrea e dalla Siria e il diritto d'asilo è un diritto che riguarda la persona, quello che ha subito, cosa l’ha spinta ad abbandonare tutto e non semplicemente la sua provenienza. Gli hotspot che dovrebbero separare i rifugiati da ridistribuire in Europa dagli irregolari da rimpatriare, procedono, quindi, molto a rilento, non senza tensioni e a Lampedusa tanti giovani, uomini e donne, sanno di aver diritto al propagandato ricollocamento ma non hanno fiducia poiché alcuni connazionali hanno riferito di essere bloccati da mesi in Italia. Da ottobre dello scorso anno, in effetti, sono partite dal nostro paese solo 190 persone. Proprio contro questo sistema, alla vigilia dell’Epifania sono scesi in piazza a “manifestarsi” muniti anche di bandiere e cartelloni e nonostante il cattivo tempo, hanno trascorso anche la notte davanti alla chiesa con nessuna intenzione di rientrare senza delle rassicurazioni sul loro trasferimento. Alcuni lampedusani si sono alternati a portare da mangiare e qualcosa di caldo, a distribuire coperte, vestiti e giubbotti, semplicemente dimostrando comprensione e affetto. La notte è stata fredda e lunga e c’erano anche tre bambini piccoli oltre a dei minori non accompagnati. Il parroco ha lasciato aperto il portone della chiesa, ma erano in pochi a cercarvi riparo, quasi a non voler mancare di rispetto al luogo sacro, così ha aperto anche le stanze adiacenti a garantire almeno un servizio igienico. Tutto è avvenuto nel silenzio, interrotto solo dai loro momenti di preghiera e dalle risate degli inconsapevoli bambini. Sull’isola non è il primo episodio di protesta, sempre per la questione delle impronte e il sindaco Nicolini, rientrata la situazione, immediatamente ha chiesto la verifica delle loro condizioni di trattenimento e inviato al Ministero dell’Interno e alla Prefettura di Agrigento una richiesta urgente di ripristino della natura giuridica del Centro dell’isola, un Cspa, ossia Centro di soccorso e di prima accoglienza. Per effetto sono ripresi solo i trasferimenti “da” Lampedusa di un primo gruppo per concludere le procedure d’identificazione nell’hub di Siculiana e nel nuovo hotspot di Trapani e qualche giorno dopo anche i trasferimenti “per” Lampedusa di un centinaio di persone salvate nel canale di Sicilia tutte di varie provenienze che difficilmente avranno accesso alle quote. Alla luce anche di questi ultimi fatti la politica europea si dimostra ancora incapace nel fronteggiare l’emergenza dell’immigrazione e in questi giorni si è ritrovata addirittura a discutere su uno dei pilastri fondamentali dell’Unione Europea, le regole di Schengen sulla libera circolazione e sul controllo alle frontiere. A noi “impotenti” osservatori scuote tuttora anche l’immagine di un piccolino di appena tre anni che, durante la protesta che i suoi genitori hanno fatto anche per garantire a lui un futuro dignitoso, gioca con un cartello con scritto sopra “We Escape From War Seeking For Safty”, ai “potenti”, forse, solo all’epoca, li scosse l’immagine di un corpicino senza vita su una spiaggia.
(Maria Veronica Policardi - Migrantes Lampedusa)