La crisi umanitaria dei migranti va compresa alla luce delle novità normative in materia di Diritto delle migrazioni, intervenute con l’entrata in vigore della legge 50 del 2023, il cosiddetto “Decreto Cutro”. La professoressa Paola Scevi, direttrice del Master in Diritto delle Migrazioni nell’Università degli studi di Bergamo e docente di Diritto penale nello stesso Ateneo, ha trattato ieri la complessa tematica a cui hanno partecipato gli uffici Migrantes delle Diocesi italiane.
All’apertura dei lavori monsignor Giuseppe Baturi, Segretario generale della Cei, ha sottolineato l’importanza dell’iniziativa e la gratitudine « perché la conoscenza fa parte dell’accoglienza» ed il Diritto delle Migrazioni determina un’azione incisiva. Segno del benefico incontro tra accademia e istituzioni. Paola Scevi ha evidenziato che «gran parte delle categorie analitiche tradizionalmente utilizzate (migrante economico, profugo, richiedente asilo, vittima di tratta, migrante irregolare, clandestino) sono poco efficaci nell’interpretare percorsi migratori multiformi e complessi, all’interno dei quali si intrecciano negazione di diritti, esperienze di sfruttamento ed emarginazione, progettualità, talvolta in violazione dell’interesse pubblico all’integrità dei confini e al controllo dei flussi migratori». Al termine di un’articolata disamina delle nuove normative, la docente (che è anche componente del Consiglio scientifico-strategico del Consiglio italiano rifugiati) ha osservato che «i fenomeni del traffico e della tratta sono spesso strettamente correlati, poiché entrambi contraddistinti dall’approfittamento della vulnerabilità di persone in cerca di protezione internazionale o di accesso al mercato del lavoro all’estero».
«I migranti irregolari che ricorrono ai servizi dei trafficanti volontariamente ingaggiati – potrebbero anche divenire vittime di tratta » ha ricordato. Di fatto, la commistione del trafficking (tratta) e dello smuggling (traffico illegale) in seno alla protezione internazionale, appare sempre più evidente. «Il viaggio, con il debito contratto per partire e le ragioni che lo hanno determinato, la tipologia dei documenti per l’uscita dal Paese e le modalità con cui sono stati ottenuti (spesso attraverso debiti, corruzione) e la vulnerabilità cui molti migranti sono esposti, risultano essere tutti elementi che creano un humus molto favorevole alla tratta e al grave sfruttamento». La docente ha affermato come « non può sfuggire che al pari della tratta, il traffico di migranti sovente ha luogo in condizioni di pericolo e di degrado, con gravi abusi dei diritti umani, e i migranti illegali che fanno ricorso ai trafficanti possono anche divenire vittime di tratta. Diviene dunque titolare degli altri beni giuridici di volta in volta tutelati, “vittima” della condotta criminosa: esposta ora a pericolo per la propria vita o incolumità, ora a trattamenti inumani e degradanti, ora al rischio di essere avviata alla prostituzione o sfruttata in attività lavorative».
Nelle conclusioni, mons. Gian Carlo Perego, presidente della Fondazione Migrantes, e mons. Pierpaolo Felicolo, Direttore generale della stessa, hanno evidenziato l’importanza di continuare ad approfondire le tematiche relative alle migrazioni dal punto di vista del diritto, sia per la salvaguardia della dignità delle persone, sia per un’opinione pubblica maggiormente informata. (G.G. – Avvenire)