L’Italia continua a “cambiare sotto i nostri occhi. Il movimento di persone è globale e gli italiani ne fanno parte da protagonisti. Numeri dalla lettura complessa, percorsi difficili da rintracciare e seguire. Noi cerchiamo di farlo ogni anno con il Rapporto Italiani nel Mondo e vediamo costantemente come gli italiani si perdono nella mobilità globale, nella cittadinanza europea e cosmopolita, nel bisogno di lavoro soddisfacente fuori dei confini nazionali”. Lo ha detto ieri sera a Lucca il direttore generale della Fondazione Migrantes, mons. Pierpaolo Felicolo, durante la presentazione – promossa dall’Associazione “Lucchesi nel Mondo” presieduta da Ilaria Del Bianco – del volume “Dalle Bancarelle alle Gipsoteche” di Bruno Micheletti ed edito da Tau nella collana “Testimonianze e esperienze delle Migrazioni”.
Per mons. Felicolo nella mobilità, soprattutto italiana, è importante il “collegamento tra storia e attualità, tra ieri ed oggi”. Il direttore Migrantes ha sottolineato che bisogna essere “attenti a ciò che accade per essere sempre pronti a camminare accanto ai migranti, per seguire gli italiani che partono da ciascuna diocesi italiana fino ad ogni luogo in cui decidono di risiedere sia esso in Europa o oltre oceano. Questo compito lo portiamo avanti con serietà collaborando con tutti coloro che, a vari livelli, si occupano della stessa tematica e proponendoci come interlocutori attivi nel processo decisionale delle riforme che vanno inevitabilmente pensate e applicate per una società italiana che ha un ineguagliabile passato di mobilità, un altrettanto straordinario presente migratorio e che sicuramente sarà caratterizzata da un significativo futuro migratorio”.
La storia raccontata nel libro è come scrivono il presidente di Migrantes, mons. Gian Carlo Perego e il vescovo di Lucca, mons. Paolo Giulietti, “una storia di mani devote all’arte, una storia di uomini e di donne, di presbiteri, di santi e sante, beati e beate. È una storia di luoghi, di movimenti nel tempo e nello spazio, in Italia e al di là di quelli che, nel tempo, ne sono stati i confini. È una storia di storie, di una e più professioni che finiscono col caratterizzare e valorizzare i luoghi di partenza. È la storia di un’arte nata e tramandata all’interno dei monasteri e dei conventi cittadini e di come poi, piano piano, a seguito di varie vicende, dai laboratori di clausura uscì e si diffuse sul territorio italiano e oltre, nel mondo. È una storia che coniuga locale e globale: glocal”.
Nel suo intervento mons. Felicolo ha evidenziato l’importanza della cultura, dell’educazione e della produzione creativa rappresentata da questa arte. Educazione e cultura che oggi, a causa di vari fattori, “rischiano concretamente di impoverire e di deprimere la storia finora costruita a favore di una ‘storia’ che mette al centro il valore del successo a qualunque costo. Noi cerchiamo di ‘combattere’ questa deriva con una serie di ricerche e pubblicazioni che si aprono al mondo senza dimenticare la nostra storia”. L’attenzione ai fatti – ha detto ancora il direttore Migrantes – è “un presupposto importante per la crescita di un interesse pastorale e sociale che dovrebbe guidare la formazione della coscienza cristiana, perché sappia ritrovare personalmente e in comunità, nelle parrocchie e nelle diocesi, i gesti, i segni e i percorsi per dire ed educare la fede in un mondo che cambia come ci insegna la mobilità dei giovani (e non solo) che oggi vivono in contesti internazionali”.