Non è «con l’alzare muri che si governa la questione dei migranti». Non è con il buonismo né con il pacifismo ma essendo «operatori», tanto meno puntando subito il dito verso il mondo dell’umanitario perché «questo vuol dire avvelenare le fonti». Il fenomeno delle migrazioni va governato, ma questo significa «fare delle scelte».
Torna sul tema delle scelte, il presidente delle Cei cardinale Matteo Zuppi nel corso del dibattito organizzato dal Consiglio italiano dei Rifugiati (Cir) a Roma dal titolo "Fratelli Tutti – Migrazioni più umane", come aveva fatto anche parlando di una questione migranti che «crescerà e richiede scelte consapevoli ed europee».
Non va dimenticato, spiega nell’auditorium della parrocchia di Santa Chiara il presidente della Cei, è che «quelli che sono affogati avevano diritto, diritto ad essere accolti, scappavano da una guerra, la maggior parte di loro probabilmente erano afgani. Quindi bisogna cercare di fare in modo che i rifugiati siano trattati come tali, hanno il diritto di essere esaminati. Se neghiamo questo diritto, tradiamo tutta la consapevolezza che proveniva dalla Seconda guerra mondiale».
La sfida, conclude il cardinale Zuppi, è chiedersi «la stessa domanda che si ha fatto il Papa: abbiamo fatto tutto il possibile per la pace?». Chi parte, aggiunge, «ha il fuoco dietro e si butta nell’unico spazio aperto davanti». Un concetto ricordato anche dall’Osservatore romano in un editoriale di prima pagina dal titolo La marcia indietro dei diritti umani: «Chi lascia il proprio Paese lo fa perché non ha alternative, perché la sua stessa vita è a rischio».