FONDAZIONE MIGRANTES
ORGANISMO PASTORALE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Nelle scuole di Lampedusa il progetto di educazione interculturale della Migrantes

(14 dicembre 2015) - Agli alunni incontrati, gli educatori hanno chiesto cosa sapessero dell’Eritrea, cosa pensavano che ci fosse in quel paese, chi fosse per loro il popolo eritreo
14 Dicembre 2015
(14 dicembre 2015) - Riprese, questo mese di dicembre, le attività in aula degli operatori che animano il progetto della Fondazione Migrantes a Lampedusa “Il viaggio della vita”. Dopo aver avviato, per il terzo anno consecutivo, anche la formazione dei giovani animatori interculturali dell’isola, in questi giorni si sono tenuti gli incontri con gli alunni dell'istituto Omnicomprensivo “L. Pirandello”; tema principale scelto per quest’anno scolastico è l’Eritrea. Su proposta del dott. Germano Garatto, gli alunni della scuola sono invitati a fare un viaggio di scoperta di un paese che in qualche modo ha “toccato” l’isola. Lo scorso anno la destinazione è stata la Costa d’Avorio, un paese dell’Africa Occidentale a sud del deserto del Sahara,  quest’anno spetta all’Eritrea, anch’esso uno stato subsahariano, ma che si trova nella parte orientale del Corno d'Africa. Naturalmente non si tratta di un viaggio fisico, non comporta quindi uno spostamento reale di persone, ma è inteso come uno spostamento mentale che sping ancora di più a un qualsiasi cambiamento. Nella parte iniziale che ha caratterizzato questi primi incontri, ai bambini e ai ragazzi, ma anche ai docenti coinvolti nelle attività del progetto, è stato chiesto, infatti, di recuperare le informazioni già possedute di un paese che indirettamente Lampedusa ha conosciuto attraverso i volti, lo sguardo, le parole, i canti, le preghiere e i pianti dei viaggiatori che sono stati costretti ad abbandonarlo e che per pochissimo tempo hanno fatto sosta sull’isola. Sono, infatti, tantissimi i migranti provenienti dall’Eritrea passati proprio da Lampedusa, che per loro, fino a qualche tempo fa, era sconosciuta. E inoltre, l'evento che ha segnato i lampedusani, il naufragio del 3 ottobre 2013, è una tragedia prima di tutto del popolo eritreo. Subito dopo la “strage”, i pochi superstiti rimasti sono stati trattenuti per più tempo sull’isola e molti dei suoi abitanti hanno avuto modo di conoscere meglio chi sono questi "migranti" che "sbarcano" e che prima ancora scappano, viaggiano, attraversano. In più, molte famiglie, hanno ricreato altri momenti per conoscere le loro storie, confrontarsi con la loro cultura e tradizione, passando dal cibo alla religione e finalmente, la cosa più importante, a questi giovani ragazzi hanno dato la possibilità di riappropriarsi della dignità che racchiude il semplice nome... Alex, Teami, Fanus, Abraham per fare un non banale esempio. C'è sempre l'abitudine a generalizzare, ad associare tutti in quella che è ormai una categoria: l'essere migrante.  Agli alunni incontrati, gli educatori hanno chiesto cosa sapessero dell’Eritrea, cosa pensavano che ci fosse in quel paese, chi fosse per loro il popolo eritreo. Quasi attese le risposte basate su stereotipi e pregiudizi, risposte che sono associate indistintamente a qualunque altro paese dell’Africa: guerra, povertà, distruzione, morte. La parte finale dell'incontro, quella dedicata alla riflessione, è servita invece ad azzerare un po’ tutte queste visioni limitate della realtà, così da allargare liberamente le prospettive e accogliere quanto invece sarebbe stato raccontato, durante gli incontri successivi, dell’Eritrea, della sua affascinante cultura e la sua particolare bellezza. Già dalla prossima occasione incontreranno Ribka Sibhatu, ricercatrice e animatrice eritrea che da giorno 10 dicembre è nuovamente a Lampedusa per dei laboratori interculturali con adulti e bambini. Quest'anno, attraverso le attività a scuola del progetto della Migrantes, ci saranno molte opportunità per approfondire le conoscenze sull’Eritrea e sensibilizzare su quello che accade in questo paese, qualcosa che la stessa Ribka ha vissuto sulla propria pelle: repressione e prigionia del regime eritreo ed etiope. Da studiosa di poetica orale, racconterà non solo di cose terribili, ma attraverso l'uso soprattutto della fiaba, di aneddoti, di racconti d’infanzia, la sua voce sarà un inno alla vita e alla speranza, nonostante tutto.
(Maria Veronica Policardi - Migrantes Lampedusa)