Nella seduta del 23 aprile u.s. con 563 a favore, 7 contro e 17 astensioni il Parlamento europeo ha approvato una direttiva che “modifica la direttiva 2011/36/UE concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime”. Adottando il nuovo testo, il Parlamento ha fornito risposte alle richieste dei cittadini formulate nelle conclusioni della Conferenza del futuro dell’Europa, in particolare: la proposta 24, paragrafo 6, sulla lotta alla tratta di esseri umani in cooperazione con i paesi terzi, la 42, paragrafo 2, sull’affrontare le sfide alle frontiere esterne e la 43, paragrafo 1, sulla sicurezza dei migranti. Il provvedimento amplia il campo di applicazione delle attuali misure al fine di affrontare e prevenire la tratta di esseri umani e sostenere meglio le sue vittime.
Per sostenere le azioni dell’UE contro la tratta di esseri umani anche al di là del lavoro e dello sfruttamento sessuale, la nuova direttiva criminalizza a livello europeo anche il matrimonio forzato, l’adozione illegale e lo sfruttamento della maternità surrogata. Essa provvederà inoltre a:
• rafforzare il coordinamento tra le autorità antitratta e quelle in materia di asilo, in modo che le vittime che necessitano anche di protezione internazionale ricevano un sostegno e una protezione adeguati e che il loro diritto di asilo sia rispettato;
• criminalizzare l’uso dei servizi forniti da una vittima della tratta, qualora l’utente sappia che la vittima è sfruttata, al fine di ridurre la domanda di sfruttamento;
• introdurre sanzioni per le imprese condannate per tratta, ad esempio escludendole dalle procedure di appalto e dall’ottenimento di aiuti pubblici o sovvenzioni;
• garantire che i pubblici ministeri possano scegliere di non perseguire le vittime per atti criminali che sono stati costretti a commettere e che le vittime ricevano sostegno indipendentemente dal fatto che collaborino o meno con le indagini;
• fornire sostegno alle vittime, compreso l’accesso a rifugi e alloggi sicuri, con particolare attenzione ai gruppi più vulnerabili;
• garantire i diritti delle persone con disabilità e un adeguato sostegno, compresa la nomina di tutori o rappresentanti, ai minori non accompagnati;
• consentire ai giudici di considerare la diffusione non consensuale di immagini o video sessuali come una circostanza aggravante nell’emettere sentenze.
Il Consiglio della UE dovrà ora approvare formalmente l’accordo. La direttiva entrerà in vigore venti giorni dopo la sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’UE e gli Stati membri avranno due anni per attuare le sue disposizioni.
Come accennato, la nuova direttiva vieta, insieme ai matrimoni forzati e le adozioni illegali, lo sfruttamento della maternità surrogata. L’ambito è quello delle vittime del traffico di esseri umani, includendo tutte quelle situazioni in cui la madre surrogata non è consenziente perché forzata o indotta. Diversi esponenti politici auspicano a questo punto di compiere un ulteriore passaggio, che però non ha nulla a che vedere con la motivazione alla base di questa direttiva, per vietare in tutto e per tutto la maternità surrogata, a prescindere dal consenso.
Per il momento, però, le leggi restano quelle attualmente vigenti e la novità in ambito europeo non riguarda i dibattiti intorno al cosiddetto utero in affitto, ma il principio di libertà, dignità e autodeterminazione di ogni essere umano in quanto tale.
Al riguardo, i Paesi europei hanno diverse disposizioni circa la maternità surrogata, che è completamente legale in: Grecia, Olanda, Albania, Ucraina, Polonia, Russia, Stati Uniti (alcuni Stati).
In altri paesi, invece, è consentita esclusivamente la maternità surrogata a titolo gratuito, si tratta di: Gran Bretagna, Paesi Bassi, Cipro, Australia, Canada, Danimarca, Ungheria, Israele, Alcuni paesi degli Stati Uniti.
In Belgio e Repubblica Ceca, invece, la maternità surrogata non è espressamente regolamentata dalla legge. Tutti gli altri paesi sono quindi contrari, proprio come l’Italia. Infatti, nel nostro Paese la maternità surrogata è illegale essendo vietata dalla legge n. 40 del 2004, secondo cui:
Chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro.
La ragione di questo divieto è la tutela delle donne, in particolar modo di quelle economicamente più fragili, che potrebbero prestarsi come madri surrogate per il compenso economico, ma soffrendone. Questo il motivo per cui diversi Stati hanno scelto di legalizzare soltanto la maternità surrogata a titolo gratuito, in modo da limitare eventuali situazioni di abuso. Ciò potrebbe però non essere sufficiente, in quanto ci sono vari modi per aggirare il divieto di pagamento, come i rimborsi spese.
(Alessandro Pertici)