Fin da piccolo, dai tempi della scuola, lo accompagna il talento per il disegno e i colori. Durante le lezioni, mentre gli altri prendevano appunti Ebrima disegnava ritratti di amici e compagni di classe. Ogni tanto si cimentava anche con la scultura, lavorando a rilievo alcune tavole di legno. Ad arte «Facevo i compiti per gli altri studenti», ma il prof però se n’era accorto, «mi diceva che ero bravo» ma «riconosceva il mio stile».
Nel 2016 Ebrima Danso ha deciso che era venuto il momento di tentare la fortuna fuori dal Gambia. Lì sentiva dire che in Libia il lavoro non mancava, che si poteva guadagnare qualcosa per poi spingersi altrove. «Dal Gambia sono andato in Senegal, poi in Mali, di lì al Burkina Faso e poi in Nigeria». Dopo due settimane di viaggio in pullman, arrivato in Nigeria con degli amici è giunta l’ora della prima, rischiosa traversata, quella nel deserto. «Eravamo alcuni del Mali, altri del Niger. Nel deserto abbiamo viaggiato in pick up per una settimana. Due miei amici, caduti durante il viaggio sono stati abbandonati per la strada». Nel deserto però non c’è scampo e prima di partire occorre prepararsi bene perché il viaggio è duro e i trafficanti di uomini non hanno pietà. «La Libia è un posto pericoloso. Ho lavorato in un ristorante per un anno. Poi un giorno, mentre andavo al lavoro alcuni uomini mi hanno fermato e messo in macchina. Mi hanno incappucciato e buttato in una stanza dove c’erano altre persone». È l’ora più dura per Ebrima che picchiato e legato mani e piedi è stato costretto a mettersi al servizio di uomini senza scrupoli. «Vogliono i soldi e tu lavori gratis per loro. A salvarlo è stato il suo datore di lavoro, il proprietario del ristorante, che lo ha riscattato con i risparmi che Ebrima aveva messo da parte. Uscito di lì la paura di camminare per strada e tornare tra la gente era grande. «Conoscevo amici africani che sapevano come farmi arrivare in Italia. Via telefono mi hanno dato le indicazioni per raggiungere un punto di raccolta dove c’erano tante persone pronte e partire».
Dopo quasi un mese di attesa è arrivato il momento della seconda traversata, quella del Mediterraneo. «La barca non era troppo grande. Prima di partire mi hanno dato delle indicazioni: guarda le stelle. Seguile per tenere la rotta».
«Le motovedette libiche ci hanno scortato in alto mare poi, indicata la direzione ci hanno lasciato. In mare ci ha soccorso la barca di una ong. Così mi sono salvato e sono sbarcato a Reggio Calabria».
In Italia Ebrima ha potuto nuovamente esprimere la sua passione. «In Calabria ho cominciato a disegnare, a fare ritratti che ho appeso in camera: Dybala, Bob Marley e altri. Una signora del posto ha visto i miei lavori e mi ha chiesto di fare dei murales. In Calabria mi hanno fatto anche partecipare a un concorso artistico. Dopo molte traversie per ottenere i documenti Ebrima è finito in Puglia a lavorare come bracciante agricolo, poi «con il Covid si è fermato il lavoro e un mio amico mi ha invitato a Vicofaro».
A Pistoia Ebrima ha trovato un porto sicuro: «qui c’è da mangiare e dormire, posso fare una doccia »; «Ho trovato aiuto e quel che ha fatto per me don Massimo solo Dio lo sa». «Ora vivo in porta san Marco nello Sprar, sto facendo un corso per muletto e delivery, ma tempo fa mi hanno rubato la bicicletta. Quando il corso sarà finito vorrei farne un altro per imparare meglio l’italiano». «Pistoia – racconta Ebrima – mi è piaciuta molto. Ho trovato i migliori amici qui. Non li avevo trovati altrove. Amici come Doriano, Mauro, Massimo. Mi piacerebbe dipingere, ma ora cerco un lavoro».
Su suggerimento di don Biancalani Ebrima ha cominciato a ripercorrere in pittura il suo viaggio della speranza. Ad Aprile, poi ha realizzato una copia dell’Ecce Homo di Antonello da Messina che don Massimo ha distribuito ai parrocchiani per la benedizione delle famiglie. Ultimamente con i suoi pennelli ha decorato dentro e fuori la chiesa di Vicofaro: il Cristo crocifisso dietro l’altare e la facciata della vecchia chiesa. Adesso è arrivato il momento della sua prima mostra a Pistoia. «Una prima volta l’ho fatta a Riace e a Romena da don Verde e a Siena. Questa però è più completa».
I quadri di Ebrima saranno esposti a Vicofaro per una prima personale dal titolo “Un segno tra umanità e disumanità” dal 21 al 5 novembre. La mostra, allestita nei locali della parrocchia dal 21 ottobre al 5 novembre, sarà aperta tutti i giorni dalle 16.30 alle 18.30. Per l’inaugurazione sabato 21 alle 10.30 saranno presenti il vescovo Tardelli, don Pierpaolo Felicolo, direttore generale della Fondazione Migrantes e Sara Vatteroni direttrice dell’Ufficio Migrantes della Toscana. (Ugo Feraci e Daniela Raspollini)