FONDAZIONE MIGRANTES
ORGANISMO PASTORALE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Salvaguardare la vita nel Mediterraneo

(16 aprile 2015) - A chi parla di “invasione” mons. Perego ribatte: “Sono numeri ancora insignificanti. Diventano significativi per noi solo perché dal 2011 non è stato messo in atto il rafforzamento di una rete di prima e seconda accoglienza e non si è proceduto ad una riformulazione dell’accordo di Dublino
16 Aprile 2015

(16 aprile 2015) - “Gli sbarchi di questi giorni dicono quanto sia necessaria un’azione generale per l’accompagnamento delle persone che attraversano il Mediterraneo. Sempre più profughi fuggono a causa della guerra, del terrorismo e della sofferenza. A fronte di questa situazione bisogna fare in modo che il Mediterraneo sia presidiato non solo da forze italiane ma anche europee, nella logica della salvaguardia della vita”. E’ quanto dice oggi mons. Giancarlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes, commentando le notizie di circa 6.000 persone soccorse in tre giorni nel Mediterraneo, con un barcone capovolto e già 9 cadaveri recuperati. “Questi ultimi fatti – commenta all’agenzia Sir - dimostrano la necessità di ripristinare l’operazione ‘Mare nostrum’, non semplicemente presidiando le frontiere. Triton sta facendo i salvataggi, ma non dimentichiamo che altri salvataggi sono avvenuti anche tramite altre navi, pescherecci e altre realtà. Questo indica come sia assolutamente necessario rafforzare con nuove unità navali. Ricordiamo che Mare nostrum, oltre a salvare vite, ha potuto colpire anche 700 trafficanti”. “Il Mediterraneo - sottolinea - non può essere un muro. Deve permettere alle persone di ritrovare una sicurezza e questo può avvenire solo attraverso un coinvolgimento europeo ed internazionale”.
A chi parla di “invasione” mons. Perego ribatte: “Sono numeri ancora insignificanti. Diventano significativi per noi solo perché dal 2011 non è stato messo in atto il rafforzamento di una rete di prima e seconda accoglienza, così come si sarebbe dovuto e non si è proceduto ad una riformulazione dell’accordo di Dublino, tenendo presente non solo i cinque Paesi che oggi accolgono oltre il 75% dei richiedenti asilo in Europa, ma tutti i 28 Paesi. Questi numeri riportano l’attenzione su una legislazione e una pianificazione europea in ordine ai richiedenti asilo che porti a superare anche Dublino III, per riuscire a creare una realtà ed una esperienza di accoglienza e di ospitalità a tutela del diritto d’asilo”. E anche se i posti dello Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) da 3.000 sono diventati quest’anno oltre 20.000, “sono assolutamente insufficienti - ribadisce il direttore della Migrantes -. Come sono insufficienti i posti di prima accoglienza, pressoché improvvisati nonostante siano diventati circa 30-35.000, accanto ai 10.000 dei Cara (Centri di accoglienza richiedenti asilo)”.
Per mons. Perego sarebbe “fondamentale, anche per le emergenze ambientali e altre occasioni, avere un sistema di prima e seconda accoglienza molto più strutturato, e che dai 450 comuni attuali si estenda a tutti gli 8000 comuni italiani”. “Non si può tollerare - sottolinea - che un comune possa decidere di accogliere o non accogliere un richiedente asilo: sarebbe come decidere di sostenere o meno un anziano non autosufficiente o un minore non accompagnato. Il dovere della tutela del diritto d’asilo deve far parte del nostro welfare”. Da parte sua la Chiesa italiana ha accolto oltre 20.000 richiedenti asilo nelle sue comunità attraverso Caritas, associazionismo, Migrantes, istituti religiosi. “Questi ultimi hanno dato disponibilità di altre centinaia di posti - precisa - e le richieste sono state già presentate al ministero. La realtà ecclesiale ha  fatto sentire la necessità dell’ospitalità ma soprattutto ritiene il diritto d’asilo capace di strutturare la vita delle nostre città”.

Mons. Perego a Radio Vaticana

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