(17 dicembre 2013) - Consegnati a luglio dal cardinale Vallini gli attestati del primo e del secondo anno della scuola di sartoria promossa da Caritas, Migrantes e Comunità di Sant'Egidio. Già realizzati oltre 100 capi su ordinazione di Elisa Storace. Che cosa accomuna il direttore generale per le Risorse e linnovazione del ministero degli Affari esteri Elisabetta Belloni, la nota stilista Anna Fendi, la pittrice e costumista teatrale greca Lila Iatruli, la signora Anita dEsposita, insegnante di tessitura, suor Paola Vizzotto, missionaria del Pime e un gruppo di ragazze rom? Un sogno. O meglio, unidea retta da una grande speranza: offrire alle mamme dei campi nomadi di Roma lopportunità di crescere in dignità attraverso un lavoro artigianale, apprendendo le tecniche della sartoria. Unidea che si chiama Rom Atelier, progetto di inclusione sociale promosso dagli uffici Caritas e Migrantes della diocesi di Roma (guidati rispettivamente da monsignor Enrico Feroci e da monsignor Pierpaolo Felicolo) e dalla Comunità di SantEgidio, giunto questanno alla sua seconda edizione. Un progetto che, nella sede messa a disposizione dal Vicariato al numero 9 di Lungotevere dei Vallati, ha permesso a tre alunne senior, che hanno frequentato la seconda annualità, e a sette matricole, che hanno terminato il primo anno, di ricevere gli attestati di Taglio e cucito e Tessitura, consegnati personalmente dal cardinale Agostino Vallini. «Questo per me è un momento di grande gioia - ha detto il cardinale - perché se lidea di questo laboratorio non è rimasta tale è stato solo grazie alla Provvidenza e al grande cuore di molti: da monsignor Leuzzi, il primo con cui mi confrontai sulla fattibilità del progetto, a monsignor Felicolo e monsignor Feroci, che concretamente hanno saputo trovare i modi per realizzarla. Oltre che, ovviamente, grazie alla disponibilità e alla volontà di tutte le signore che sono qui oggi, benefattrici, insegnati e alunne». Anna Fendi, chiamata dal cardinale per limpostazione del progetto su proposta di Elisabetta Belloni, complimentandosi con le studentesse ha sottolineato la loro capacità di apprendere in poco tempo le basi del mestiere: «Nel quartiere si è già sparsa la voce - ha detto -, tanto che in due anni hanno già realizzato oltre 100 capi su ordinazione, per ora retribuiti solo con delle offerte libere, ma è già segno che la strada che hanno intrapreso potrebbe portare buoni frutti». Nel piccolo atelier di Lungotevere dei Vallati è il momento delle donne coinvolte in questa trama di solidarietà: Lila Iatruli - che come pittrice ha esposto in Vaticano, al Cairo e a Stoccolma ma che qui è insegnate di cucito - spiega che non avrebbe mai immaginato che la pratica sui costumi teatrali un giorno le sarebbe servita «per insegnare in una scuola così bella», mentre Anita dEsposita, docente di tessitura a telaio, aggiunge che per lavorare al telaio ci vuole pazienza, oggi piuttosto rara nelle giovani «mentre loro ne hanno davvero molta». Ma le parole più belle su Andrijana, Virginia e le altre arrivano da suor Paola Vizzotto, qui, una volta a settimana, insegnante di alfabetizzazione: «Allinizio alcune di queste ragazze, mamme-bambine e nonne a trentanni, non sapevano leggere. Ora hanno imparato quasi tutte: un risultato davvero prezioso». Come un taffetà di seta.