FONDAZIONE MIGRANTES
ORGANISMO PASTORALE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Tratta, le mani dei trafficanti sui minori non accompagnati

(5 marzo 2015) - La maggior parte dei Msna arrivati a Palermo è presto sparita dalle comunità che li ospitava
5 Marzo 2015
(5 marzo 2015) - Papa Francesco lo ha definito un “crimine contro l’umanità”, uno dei peggiori crimini del ventunesimo secolo. La tratta di esseri umani oggi miete decine di milioni di vittime, alimentando un business miliardario che non conosce crisi né confini. Non ci sono più le catene a soggiogare i neri d’Africa, ma gli schiavi sono sempre davanti a noi, per strada, nei luoghi di lavoro, nelle nostre case. 
Sono due i principali canali di sfruttamento dei nuovi schiavi: quello a scopo sessuale e quello a scopo lavorativo. Entrambe le facce di questa piaga si caratterizzano per l’appartenenza etnica delle vittime: chi arriva, ad esempio, dall’Europa dell’Est è spesso destinato alla prostituzione, mentre i migranti dell’Africa nel Nord sono sovente utilizzati per l’accattonaggio e per lo spaccio di sostanze stupefacenti.
«Molto spesso le vittime non hanno consapevolezza di essere sfruttate e allora si rende necessario affiancarle in un percorso che faccia loro comprendere che non si trovano in una condizione normale di vita»  spiega la dottoressa Valeria Lo Bello, della Divisione anticrimine della Questura di Palermo, settore all’interno del quale opera anche un ufficio dedicato ai minori.
«La tratta – sottolinea la funzionaria di polizia – è un fenomeno invisibile, spesso anche per i poliziotti che operano su strada. Ecco perché, per le indagini, vengono impiegati gli strumenti investigativi utilizzati per la mafia».
La Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale, firmata proprio a Palermo nel 2000, ha messo in rilievo il collegamento tra l’immigrazione irregolare e la tratta. È evidente che il fenomeno non possa essere ridotto ai soli arrivi sulle carrette del mare, considerato che via mare arriva appena il 25% dei migranti senza documenti. L’esercito dei “sans papiers” è composto in gran parte da quanti, arrivati in Italia con regolare visto di ingresso, si trattengono sul territorio nazionale dopo la scadenza di tale titolo.
La parte più dolorosa di chi opera in questo campo è scoprire vittime sempre più giovani e inermi. Particolare attenzione viene posta (o almeno così dovrebbe essere) sui minori stranieri non accompagnati, il cui ingresso è diventato consistente e problematico. Nel corso del 2014 i Msna arrivati al porto di Palermo sono stati 561. Di questi ben 405 si sono ben presto allontanati dalle strutture di accoglienza cui erano stati destinati e solo 156 vi risultano ancora ospitati. È curioso, poi, che, dei 195 eritrei giunti, nemmeno uno sia rimasto. Si tratta di giovani che hanno deciso di proseguire il loro viaggio in cerca di amici o parenti già insediatisi nei paesi del Nord Europa, oppure nelle regioni dell’Italia settentrionale. Il timore, tuttavia, è che dietro la sparizione dei ragazzi si possa nascondere la mano della criminalità organizzata, sempre pronta a reclutare e sfruttare nuove leve.
Entrare nel mondo di questi ragazzi non è facile. Lo sa bene chi, nel pieno dell’emergenza dello scorso anno, ha accolto i migranti fin dal loro arrivo al molo del capoluogo. «I minori non si aprono facilmente – spiega la dottoressa Angela Puccio, dell’Unità organizzativa interventi per Immigrati, rifugiati e nomadi del Comune di Palermo – grazie all’aiuto dei mediatori interculturali riusciamo a indurli a raccontare la loro storia, instaurando un rapporto di fiducia. Si tratta di ragazzi venduti dalle loro famiglie, che sperano così di consegnarli ad un futuro migliore, oppure di persone che fuggono dai loro Paesi di origine per questioni politiche. Li seguiamo nel loro iter di inserimento – aggiunge l’assistente sociale – dall’apertura della tutela all’inserimento nelle comunità. Al compimento dei diciotto anni, se non trovano riparo nella missione di Biagio Conte, finiscono in strada, facili prede dei trafficanti».
La Chiesa ha da poco celebrato la prima Giornata internazionale di preghiera e riflessione contro la tratta di persone. Un appuntamento, quello dello scorso 8 febbraio, promosso dall’Unione delle congregazioni religiose maschili e femminili e fortemente voluto da Papa Francesco. Se le istituzioni sembrano deboli di fronte alle organizzazioni criminali, l’impegno dei religiosi per chi è oppresso è tangibile, anche a Palermo. Nel capoluogo dell’Isola l’unità di strada ogni settimana, ormai da qualche anno, incontra le donne fatte prostituire. «Per capire cosa significhi la tratta, occorre ascoltare le vittime – spiega Fra Loris – parlare con le donne costrette a prostituirsi mentre sono sorvegliate dai loro protettori, condividere le loro emozioni e toccarne con mano le paure. Storie di donne costrette ad abortire oppure impazzite per le persecuzioni subite. Un giorno una donna ci ha raccontato del modo in cui è riuscita a salvarsi dopo essere stata accoltellata. Solo queste storie, le testimonianze delle vittime, ci possono fare comprendere un fenomeno che, altrimenti, rischia di rimanere solo una conoscenza teorica e come tale di scivolarci addosso. Queste donne – ricorda il frate francescano – sognavano una vita normale e appena arrivate si sono ritrovate a pagare la malavita per occupare un pezzo di marciapiede. Come cristiani abbiamo il dovere di pregare perché questo fenomeno scompaia e di denunciare i carnefici, le organizzazioni criminali come i clienti».

(Luca Insalaco - Palermo)