FONDAZIONE MIGRANTES
ORGANISMO PASTORALE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Un anno nel segno di Papa Francesco

(15 luglio 2014) - Tanti gli appuntamenti, ma anche le personalità del mondo della fede, dell’arte e della comunicazione, che hanno voluto dare il loro contributo, per cogliere la forza dirompente del messaggio del Papa
15 Luglio 2014
(15 luglio 2014) - Un anno dopo la visita di Papa Francesco, Lampedusa ha voluto “celebrare, ricordare, comunicare” lo storico evento, con un cartellone di iniziative che ha messo in luce un caleidoscopio di significati e di aspetti, legati al messaggio profetico del vescovo di Roma ed al fenomeno migratorio. La manifestazione è stata realizzata dalla parrocchia di San Gerlando, in collaborazione con l’Arcidiocesi di Agrigento, con la Fondazione Migrantes e con il Comune di Lampedusa e Linosa, ed ha visto, con il passare dei giorni, una partecipazione sempre più crescente di residenti e turisti.
Tanti, si diceva, gli appuntamenti ma anche le personalità del mondo della fede, dell’arte e della comunicazione, che hanno voluto dare il loro contributo, per cogliere – ciascuno secondo la propria sensibilità e dalla propria prospettiva – la forza dirompente del messaggio del Papa. Particolarmente efficace e ricco di spunti di riflessione è stato l’intervento, sabato 5 luglio, del Direttore della Fondazione Migrantes, Mons. Giancarlo Perego, il quale ha tenuto una relazione sugli aspetti antropologici legati alla migrazione dei popoli, sviluppando in chiave biblica alcuni dei punti cardine dell’omelia pronunciata del Pontefice l’otto luglio del 2013, a cominciare dal tema della custodia e della responsabilità nei confronti del fratello.
Significativa e attesa è stata la presenza del Cardinale Antonio Maria Vegliò, Presidente del Pontificio Consiglio per i Migranti e gli Itineranti, il quale, presiedendo la Santa Messa di domenica 6 luglio, ha voluto richiamare le istituzioni ad una più equa distribuzione delle ricchezze nel mondo, sottolineando che l’Europa può rinverdire le proprie radici cristiane solo attraverso la «generosa apertura al prossimo».
Le celebrazioni si sono arricchite della presenza del vescovo di Mazara del Vallo, Mons. Domenico Mogavero, vescovo delegato per l’Ufficio per le Migrazioni della Conferenza Episcopale Siciliana, il quale ha presieduto la celebrazione eucaristica del 7 luglio, rimanendo sull’isola fino alla conclusione della manifestazione. «La nostra terra, le nostre chiese, non sono periferia del mondo, ma avamposto di un nuovo umanesimo – ha esortato il presule mazarese –. Smettiamola, quindi, di fare gli accattoni d’Europa, che si possono mettere a tacere con i soldi». Dal vescovo di Mazara del Vallo è giunto quindi un invito alla Chiesa di Agrigento, «sorella nell’accoglienza e nell’integrazione», a portare avanti un’opera di sensibilizzazione su questi temi della migrazione nei confronti dei fedeli, visto che i politici arrivano comunque in ritardo.
Il cartellone di eventi ha toccato anche le corde dello spettacolo, grazie al musical “La Bella e la Bestia”, messo in scena dal gruppo “Magnificat” di Trapani, spettacolo che ha registrato un buon successo di pubblico. Il sottotitolo della rappresentazione, “L’amore oltre le apparenze”, esprime al meglio il messaggio di tolleranza e rispetto per le diversità che autori e organizzatori hanno voluto trasmettere con questa riuscita rappresentazione. Un invito, quello lanciato dal musical, «a tornare tutti quanti umani, nel senso più alto e completo». Tutte le iniziative hanno avuto come sfondo la mostra fotografica “Non si ripeta per favore”, allestita presso i locali parrocchiali, con le immagini più significative della visita del Papa, gli oggetti usati e donati dallo stesso Pontefice, ed una carrellata di istantanee legate al passaggio dei migranti dall’isola.
Già, i migranti. Non può essere un caso che, nel cuore di queste iniziative, si sia registrato un afflusso di profughi come da queste parti non se ne vedeva da mesi. Quasi mille persone in un solo giorno. Quasi a voler ricordare che mentre si sprecano i vertici e le riunioni dei soggetti istituzionalmente preposti a trovare soluzioni, il dramma di milioni di persone non trova una via di sbocco. I richiedenti asilo arrivati in maniera massiccia hanno voluto richiamare la responsabilità di tutti e di ognuno, sulla scia di quanto profetizzato qui dal Papa «venuto dalla fine del mondo». L’organizzazione in giornata dei ponti aerei per il trasferimento sulla “terraferma” non ha impedito a decine di persone, donne e bambini compresi, di dormire all’aperto, sul molo Favarolo, dove erano stati fatti sbarcare. «Tanta sorpresa non può che sorprenderci», ha detto Mons. Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento e presidente della Fondazione Migrantes, commentando i ritardi e le falle nella macchina dell’accoglienza. Padre Francesco Montenegro non ha mancato di sottolineare l’incompiutezza del disegno europeo. “L’Europa oggi è solo un salvadanaio e fino a quando sarà questa l’impostazione l’uomo sarà destinato a soccombere”, ha commentato.
Sull’isola, per l’occasione, è arrivato anche Thomas (nome di fantasia), un giovane eritreo sopravvissuto alla tragedia dello scorso 3 ottobre. Quando fu tratto in salvo, venne portato quasi subito in ospedale in Sicilia. A Lampedusa, ora, ha potuto dare un volto al pescatore che lo salvò da morte certa. L’abbraccio tra i due è stato uno dei momenti più toccanti di questa intensa manifestazione, che ha suggerito non pochi temi da approfondire. Thomas, dopo essere stato dimesso, ha iniziato un altro viaggio, che lo ha portato in Svezia, dove ben presto ha potuto sperimentare l’efficienza del sistema locale. Dopo qualche mese, tuttavia, è stato costretto a ritornare in Italia, a causa delle poco condivisibili regole di Dublino. Al giovane, infatti, erano state prese le impronte digitali durante il ricovero ospedaliero, inchiodandolo così ad attendere il tortuoso e lungo iter italiano per la definizione della sua domanda d’asilo. Adesso vive in una comunità romana, in cerca di un lavoro e di una risposta ai suoi tanti interrogativi. È questo uno dei tanti aspetti dai quali ripartire. Da Lampedusa, con la forza delle parole del Papa degli ultimi. (Luca Insalaco – Lampedusa)

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